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Che cosa mi manca per essere italiana?
Grazia

Che cosa mi manca per essere italiana?

Che cosa mi manca per essere italiana?

È nata in Russia, ha vissuto in Angola, ha lavorato in Cina. Ma soprattutto, Mikaela Neaze Silva, la nuova Velina di Striscia la notizia, è cresciuta e ha studiato nel nostro Paese. E a Grazia racconta perché trova incredibile essere considerata ancora una straniera.

Nata a Mosca, da padre angolano e mamma afghana, vissuta in Angola prima e poi, da quando aveva 6 anni, in Liguria, tra Genova e Camogli. Con una parentesi in Cina. Parla cinque lingue. Ha 23 anni. E dopo aver militato nei corpi di ballo di mezza Italia, Mikaela Neaze Silva oggi danza negli stacchetti del programma di Canale 5 Striscia la notizia. Ma se cerchi il suo nome sul motore di ricerca Google, il primo risultato che esce è “Ius soli”, cioè il diritto di cittadinanza per i bambini nati in Italia da genitori stranieri. Un argomento caldo della discussione sociale e politica del nostro Paese.
 
Mikaela, che cosa ne pensa?
«Non volevo diventasse un marchio da attribuirmi. Molte volte si gioca anche su questo».
 
Tecnicamente, poi, lei non è nata in Italia.
«Vero, però ho studiato qui, dalla prima elementare al diploma. Trovo assurdo che io non sia italiana. Mi ci sento al 100 per cento, a parte il mio aspetto, che è diverso».
 
L’accento ce l’ha sicuramente.
«Si sente? Non riesco mai a definirlo. È genovese, vero? Adesso anche un po’ milanese».
 
Ed è addirittura diventata un’icona dell’italianità dato che è una velina.
«È stato inaspettato. I casting erano al buio, non ci hanno detto per quale programma fossero. Ci hanno informate solo dopo averci prese. Ero sconvolta».
 
Perché?
«Le veline non sono mai state ballerine professioniste, più che altro erano ragazze immagine. Questo cambiamento l’ha voluto l’ideatore del programma Antonio Ricci. Grazie, Antonio Ricci!».
 
In questi mesi qual è stato l’aspetto più difficile?
«Usare di più i social network. È stata una richiesta professionale, ma io non passo molto tempo a postare su Instagram la mia vita. Ci metto un sacco solo a rispondere ai messaggi».
 
Non è un po’ strano per una della sua età?
«Pensi che mi scoccia quando esco con gli amici, e loro stanno tutto il tempo con il telefono in mano».
 
Qual è il suo sogno più grande?
«Realizzarmi in qualunque cosa mi piaccia fare, dal ballo, alla moda, al disegno. Il giornalismo magari. Vorrei essere d’esempio per le altre ragazze».
 
Cioè vuole fare l’influencer?
«Non nel senso della fashion blogger. Vorrei dimostrare che anche arrivando dal nulla, si può riuscire con coraggio e determinazione».
 
Come lei, giusto?
«Sì. E in effetti c’è un’altra cosa che desidero, soprattutto: potere aiutare mia madre Masauda e mia sorella Isadora».
 
La vostra è una storia molto particolare, vero?
«La mia mamma, afghana, studiava Medicina quando ha conosciuto mio padre a Mosca. Finiti gli studi, l’ha seguito in Angola, e lì è nata mia sorella. Ma lui aveva altre donne, così lei l’ha lasciato. Nella capitale, Luanda, mamma ha trovato lavoro come segretaria per un’organizzazione dell’Unione Europea. In Angola c’era la guerra civile, e così anche in Afghanistan: con tutte le ambasciate chiuse, non poteva rinnovare il passaporto. Ma il suo capo di allora l’ha aiutata a venire in Italia. Siamo arrivate a Camogli in estate, eravamo al mare: mia madre si è innamorata dell’Italia e ha deciso di restare. II suo capo e la moglie di lui ci hanno accolti: sono come zii, siamo cresciute con i loro figli, andavamo in vacanza insieme. Oggi la mia mamma si occupa di bambini».
 
Va tutto bene? Sta piangendo.
«Succede sempre quando parlo della mia mamma e della sua storia. È stata dura. Ha fatto grandi sacrifici e ha solo 44 anni».
 
Vuole dirle una cosa qui, ora, su Grazia?
«Sì. Che è un esempio per me, la mia colonna portante. Senza di lei non sarei dove sono adesso».
 
La vede spesso?
«Sempre, non sa quanto è felice. Soprattutto da quando sono tornata dalla Cina dove combattevamo con Internet a singhiozzo e sette ore di fuso. Dovevo stare via quattro mesi, invece sono stati tre anni».
 
Ma in Cina lei che cosa ci faceva?
«Il primo periodo la ballerina: ero in tour con una cantante cinese, Diva, praticamente la loro Beyoncé».
 
E poi?
«La modella. A Shanghai un agente mi ha offerto un lavoro. È stato molto pesante, ma è un’esperienza che non cambierei per nessuna ragione al mondo».
 
A 18 anni non le pesava stare lì da sola?
«Più che altro soffrivo la lontananza. Quando ero in difficoltà, non volevo dirlo alla mia mamma per non farla preoccupare. Ma con lei c’è una connessione: quando ho un problema, ovunque io sia, è come se lei se ne accorgesse».
 
Perché è tornata?
«Perché non era il posto giusto per ciò che volevo fare artisticamente: i ballerini lavorano, ma dal punto di vista creativo hanno le manette. In generale non puoi dire ciò che pensi. Ti limiti a copiare coreografie già fatte. Tremendo».
 
Qual è la frase che oggi griderebbe al mondo?
«Siamo tutti uguali».

(Grazia/Fiamma Sanò, 7 febbraio 2018)

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