Rassegna Stampa

Antonio Ricci: “Sono il marinaio della satira. La Liguria mi rende libero”
Secolo XIX

Antonio Ricci: “Sono il marinaio della satira. La Liguria mi rende libero”

Antonio Ricci: “Sono il marinaio della satira. La Liguria mi rende libero”

di Renato Tortarolo

La lavagna è un dedalo di messaggi. Alle spalle di Antonio Ricci, capelli candidi da saggio, c’è un misterioso labirinto di cuoricini, concerti per adolescenti, post it e bigliettini delle figlie, Alessandra, Vittoria e Francesca: una traccia del cuore, scolpita dagli anni, nel mausoleo della satira più feroce. Ricci, 68 anni, di Albenga, è un uomo prudente: fa paura all’Italia modesta e traffichina non per quello che “Striscia la notizia” denuncia ogni sera, ma per quello che il patron non dice, non svela, tiene per sé come il peso di verità scomodissime, così imbarazzanti da essere secretate sino al giorno di un giudizio televisivo che sarà come la grande pioggia biblica. Ricci non è bigotto, estremista o eversivo. Non ha remore, ripete spesso. E si può abbattere sul singolo come su un movimento di massa con la precisione chirurgica di un missile. A Cologno Monzese, sotto il suo ufficio che ricorda certi set della grande commedia americana alla Billy Wilder e dove si rovescia qualsiasi richiesta di aiuto, intervento e giustizia popolare, c’è lo studio di “Striscia” con un museo sui trent’anni del programma più visto, in media, della nostra storia catodica. La palazzina che ospita il re e i suoi “guastatori”, vietata l’ansia, escluse le crisi di nervi, sorriso e aria placida anche se si aprono le porte dell’inferno, l’esaltazione architettonica di un’idea vincente: scoprire scandali e malefatte dei nostri concittadini, senza perdere mai fiducia nell’appeal sexy delle Veline piuttosto che nell’impertinenza dei tapiri e del Gabibbo. Tutto sotto la mano sicura di un ligure: lui.

Ricci, lei nasce adAlbenga, ha successo a Milano e vive ad Alassio. Il giro del mondo in 500 km?
«A Milano ho bisogno di sentirmi precario, non ho mai preso casa, sto in un residence. Devo addormentarmi, tenendo d’occhio la valigia. Pronto ad andarmene. Da quando avevo 18 anni, non ho mai dormito nello stesso letto per più di 10 giorni. Semi sveglio all’improvviso, di solito prendo testate nei comodini».

Il suo modo di fare tv rispecchia lo spirito ribelle dei liguri o è anarchia pura? 
«Rispetta la sana cucina ligure, non butto via nulla e riciclo. “Paperissima” è nata utilizzando gli errori di altre trasmissioni, con i loro scarti sono riuscito a fare più ascolti di quei programmi “corretti”. Sì, ho una visione capovolta del mondo, quindi fortemente anarchica. Da ligure sono anche il marinaio che torna sempre a casa».

Cos’ha imparato da pescatori e maestri del basilico e dei carciofi della piana di Albenga?
«A dormire poco. I pescatori mi hanno insegnato che i pesci devi attirarli, con il “brumezzu”, un pastone di pane e acciughe. Dai contadini ho imparato che i carciofi non li porta la cicogna. Li devi coltivare anche dove sembra impossibile, facendo i muretti a secco».

Il pubblico ha l’impressione che lei non ne abbia mai sbagliata una: 30 anni “Striscia”, 40 di tv, 50 di spettacolo…
«È il motivo per cui mi sto sulle scatole. Ovvero, se guardassi Antonio Ricci dall’esterno mi starebbe sulle palle. In realtà non mi incarognisco sugli errori, non essendo presuntuoso, cerco di correggerli e di migliorare. Nessuno qui agita la fiaccola della verità. Semmai quella del dubbio, con l’onda che rappresenta il punto di domanda. Tutto l’immaginario di “Striscia” poggia sulle onde. Da questa palazzina alla scrivania della diretta. La certezza granitica è della montagna, il dubbio è del mare che non si presenta mai uguale».

… Fa paura e si deve agire…
«Andiamo sempre a fare inchieste col punto di domanda, mai col manganello del punto esclamativo».

Quindi la gente preferisce la satira alla politica perché quest’ultima non ammette il dubbio?
«Assolutamente. Ora c’è una gran confusione, chiunque vuole fare spettacolo e dire la propria. Però fra politici dilettanti e professionisti della satira c’è ancora una bella differenza».

Lei è un ligure scomodo, ma il potere non l’ha mai spaventata…
«Se hai paura sei già morto. Nel museo ho raccolto tutte le oltre 300 denunce subite, aggiunga i pestaggi alle troupe, le macchine esplose, le minacce. Ma siamo ancora qui. Ho sempre pensato che per sopravvivere mi basta un pomodoro al giorno. Con un po’ di sale è un lusso, con un filo d’olio il paradiso. Se poi sopra c’è un tocco di “musciame”, allora… Immaginando di poter sopravvivere con un pomodoro, mi sono sempre ritenuto molto libero».

 Che differenza c’è fra lo scherzo e la beffa?
«Ah, io vivo in questa beata confusione. Ho sempre teorizzato che i miei non siano scherzi, ma ricerche ed esperimenti sociologici».

Nella satira è stato più geniale lei o Beppe Grillo?
«Non mi sono mai posto il problema. Ma un partito l’ho fondato prima io. Nel 1997, non a caso a Livorno, nacque il P.d.G. (Partito del Gabibbo), ancora legalmente registrato. Una provocazione antipopulista. Poi lui l’ha fatto sul serio».

È facile scendere dal carro dei vincitori?
«Chi fa satira, lo deve fare. L’occhio critico è la miglior difesa contro tutte le dittature».

Cosa c’è di ligure nel Gabibbo?
«Il nome è legato a una ragione antifrastica. Gabibbo significa “terùn”. Per motivi di accoglienza gli abitanti della Superba hanno come eroe un “terùn” che, cantando nella sigla, utilizza molte parole del gatto».

“Striscia la notizia” è stata o è controcultura in un’Italia confusa e dominata dall’incertezza?
«Per molto tempo è stata soprattutto controcultura televisiva, per inficiare il potere dei telegiornali. Far vedere come venivano costruiti certi servizi oppure rivelare con i fuorionda cosa era successo davvero, è stato molto importante».

Torniamo in Liguria, perché è contro i monumenti ai partigiani, che definisce opera di scultori superomisti di provata fede nazifascista?
«Di solito sono così brutti da diventare un oltraggio alla Resistenza. Ho un’allergia per i monumenti in generale e non mi piacciono tutte le cose che stanno sopra un piedistallo. È un’imposizione estetica che non condivido, ci vorrebbe un telecomando per dare la possibilità di cambiare tre o quattro monumenti a piacere. Io ho finanziato il trasporto delle stele di Rainer Kriester dedicata alla pace. Ma è a Marmoreo, su un cucuzzolo. Uno se la va a vedere e l’opera non è banalizzata, anzi fa pensare ed emozionare».

È per lo stesso motivo che ha fatto la guerra al progetto di quattro grattacieli dell’archistar Vàzquez Consuegra?
«In un centro storico quadrato, con ogni lato lungo 200 metri, si sarebbero voluti costruire quattro grattacieli alti il doppio delle torri medievali. Ho piantato un gran casino, sono anche stato denunciato. Per fortuna il progetto è stato accantonato. Da allora miracolosamente, il centro storico di Albenga si è popolato di negozi e locali. È bellissimo».

Altra battaglia, contro la speculazione edilizia. Con sua moglie Silvia avete salvato un gioiello come Villa della Pergola ad Alassio…
«Non essendo riusciti a salvare il mondo, almeno abbiamo salvato un parco e lo abbiamo ristrutturato. In un periodo in cui tutti calpestano le aiuole, è stato un atto provocatorio. Non puoi essere ecologista, come io stesso ho fatto in passato, solo in maniera teorica e pretendere che a farsene carico siano sempre gli altri. Quando ti tocca “Bisogna andare” anche se sai che ogni notte ti chiederai “Ma chi me lo ha fatto fare?”».

Domani parte il Festival di Sanremo. Almeno quello è cambiato?
«Sì, davetrina per la vendita dei dischi è diventato vetrina per la vendita dei biglietti per i futuri tour. Ora è dominato dai colletti bianchi. Ma quando ci portavo “Striscia” c’era un parterre di tagliagole, tutti quegli impresari delle feste di paese che facevano pressioni, i manifesti a lutto per Pippo Baudo se non stava al gioco. Ora l’equazione lombrosiana “San Vittore uguale Sanremo” non esiste più. A presentare hanno messo facce pulite. Però, se vengono per far promozione, gli ospiti dovrebbero per lo meno esibirsi gratis, come fanno gli attori quando pubblicizzano in tv i loro film. Il Festival, con la concorrenza spenta, offre una platea sterminata».

I comici liguri si prendono troppo sul serio?
«Poveracci, prenda Grillo e Bizzarri. Chi gliel’ha fatto fare di mettersi a servizio della comunità gratuitamente? Uno faceva un sacco di serate. Bizzarri, che come tutti sanno ha un’attività sessuale esuberante, ora si mortifica come se avesse un cilicio. Quest’enorme cilicio del Palazzo Ducale: l’anti-Cialis».

Si sente più uomo libero o ligure deluso?
«Ho delusioni, come quasi tutti, ogni giorno, ma a me piace stare calmo nel mare in burrasca, non sono tipo da minestrina con le uova…».

“Striscia” continuerà a sostenere la Genova post Morandi?
«Sì. Abbiamo sempre tenuto iniziative e le citiamo sempre in diretta. Come un faro».

E se ci fosse bisogno di un faro su eventuali intoppi?
«Arriviamo subito. Sono per il mugugno propedeutico all’azione, non per il mugugno paralizzante». 

Ultime dalla Rassegna

vedi tutte