Qualcuno, sui social, ha appiccicato alla mia foto una serie di audio pornografici. E io ho deciso di denunciare: alla Polizia, ma non solo.
E’ cominciato tutto di giovedì, circa un mese fa. Era qualche giorno che ricevevo messaggi di insulti sui social: non le solite frasi razziste (a quelle ho fatto l’abitudine) ma accuse molto più personali e dirette. Quel giorno ho capito: girava su whatsApp un messaggio con la mia foto, un testo (“Sentite che cosa dice la Velina di Striscia”) e alcuni file audio. Ascolto il primo. C’è la voce di una ragazza che dice frasi tremende, irripetibili, peggiori della peggior pornografia. Ovviamente non erano audio miei, la voce non era la mia, la ragazza aveva un accento lombardo e il mio, se c’è, è ligure. E poi chiunque mi conosca, anche poco, sa che una ragazza che parla in quel modo non ha nulla a che fare con me, che io non sono così. Ma quanti lo sapevano? Quanti stavano ricevendo quel messaggio? Quanti avrebbero creduto che la Velina di Striscia aveva detto quelle cose? Quegli audio giravano, come in una catena di Sant’Antonio, sempre più gente me li segnalava e sempre più gente mi insultava. Abbiamo scoperto che erano in rete da anni e che, nel corso degli anni, quegli stessi audio erano già stati accostati anche ad altre donne della televisione. Mi è stato chiesto di non rispondere, per non alimentare i bulli dei social. L’ho fatto e ha funzionato: ora credo che quegli audio abbiano smesso di girare.
Però, quando mi hanno attaccata in maniera così vigliacca, mi ero promessa una cosa: che ne avrei parlato, che avrei denunciato. Perché io sono fortunata: sono forte di carattere e ho una macchina da guerra come quella di Striscia la Notizia che mi protegge. Si è mosso subito anche l’ufficio legale di Mediaset, che mi ha assistito anche quando ho presentato una denuncia contro anonimi alla Polizia Postale. Ma queste cose oggi succedono a tante donne, magari meno fortunate e difese di me. E queste cose vanno denunciate: alla Polizia, certo, ma anche pubblicamente, per mettere con le spalle al muro questi bulli (vigliacchi) dei social.
di Mikaela Neaze Silva