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Mascherine a medici e infermieri dieci volte meno efficaci: dopo l’inchiesta di Striscia sequestri in tutta Italia

Mascherine a medici e infermieri dieci volte meno efficaci: dopo l’inchiesta di Striscia sequestri in tutta Italia

Mascherine a medici e infermieri dieci volte meno efficaci: dopo l’inchiesta di Striscia sequestri in tutta Italia

Una quantità incredibile di mascherine pericolose per la salute distribuite negli ospedali di tutta Italia. Medici e infermieri pensavano di essere protetti mentre svolgevano il loro lavoro in corsia al fianco di malati e contagiati. E invece quei dispositivi avevano una capacità di filtrazione dieci volte inferiore a quanto richiesto dalla legge: avrebbero dovuto proteggere dal Covid per una percentuale tra il 90 e il 95 per cento e invece questo dato si aggira incredibilmente intorno al 9%.

Così, la Guardia di Finanza, su ordine della Procura della Repubblica di Gorizia, ha sequestrato in tutta Italia ben 65 milioni di mascherine, le restanti di una partita di dispositivi taroccati che ammontava a 250 milioni. Ciò significa che i restanti 185 milioni di pezzi sono stati già distribuiti e utilizzati da medici e infermieri che ogni giorno combattono contro questo virus, come fa notare Franco Bechis in un articolo per Italia Oggi.

L’inchiesta è nata proprio grazie a un servizio di Striscia la notizia in cui Moreno Morello sollevava alcuni dubbi sulle mascherine in dotazione ad alcuni ospedali.


Il nostro inviato, nell’ambito dell’inchiesta di Striscia sulle mascherine che porta avanti da mesi, aveva infatti già avanzato qualche sospetto sull’affidabilità di quei dispositivi, anche in relazione al sequestro effettuato a inizio marzo in Friuli Venezia Giulia di oltre due milioni di pezzi. Peccato che queste portassero il logo della Protezione civile e da lì quindi è venuto il dubbio che facessero parte di una partita più grande e distribuita anche in altre parti d’Italia.

“I modelli oggetto del sequestro sono stati 12, quasi tutti di produzione cinese, e ieri la finanza è andata a perquisire anche gli uffici di Invitalia, dove ancora c’è Arcuri, per cercare tutti i contratti di quella partita di mascherine. Sono stati acquisiti anche i verbali del Comitato tecnico scientifico in cui veniva validato l’utilizzo di quei modelli di mascherine”, sottolinea Bechis nella sua disamina.

“Ma quel che è accaduto è di una gravità inaudita: lo Stato italiano ha mandato in prima linea quelli che chiamava «eroi», che vorrebbe addirittura candidare al «Nobel per la pace» non con le scarpe rotte come accadde con gli alpini nella campagna di Russia, ma con le mascherine (la loro armatura fondamentale) bucata, facendo rischiare la vita a chi più di ogni altro avrebbe dovuto proteggere”, prosegue il giornalista nel suo commento sulla vicenda.

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