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Il Vernacoliere rischia la chiusura. Sos satira: l’appello di Striscia e dei suoi autori

Il Vernacoliere rischia la chiusura. Sos satira: l’appello di Striscia e dei suoi autori

Che azzardo! Usare il vernacolo negli anni Sessanta–Settanta come lingua del “volgo” contro il signore, come arma pacifica e micidiale contro il potere. Una scommessa da funamboli coraggiosi in equilibrio sul filo sottile della satira. Il Vernacoliere per oltre 60 anni ha resistito sfornando invenzioni linguistiche, sberleffi feroci, illustrazioni magistrali, titoli tranchant, battute incenerenti. E ora, dopo le copertine irriverenti, la gran zuppa di satira politica cucinata da Andrea Camerini in Caciucco, gli anatemi inimmaginabili del Don Zauker disegnato da Daniele Caluri e sceneggiato da Emiliano Pagani, le battaglie paradossali di Gesù Due di Max Greggio e Andrea Rovati, gli ineffabili Devoti e Patrioti con Brio di Fabio Nocchi, le avventure erotiche amare de Il Troio e tanto altro, sembra che possa calare il sipario di carta su questo grande palcoscenico di fumetti e talenti.

Il quasi 89enne direttore del mensile Mario Cardinali a ottobre ha annunciato che il numero di novembre in edicola in questi giorni sarà l’ultimo. Pausa o chiusura definitiva? Tutti quelli che hanno amato Il Vernacoliere sono diventati, di schianto, più tristi: era già accaduto che la testata stesse per scrivere le ultime pagine della sua storia.
Striscia la notizia, che da sempre parte lancia in resta – come il giornale livornese – verso la difesa dei più deboli dalle angherie dei potenti, aveva già dato voce a un appello la sera del  20 novembre 2020, con Ficarra e Picone.

Il tg satirico è fortemente legato al Vernacoliere per tante ragioni: la prima ha un nome e un cognome, Max Greggio. Il suo incontro con l’ideatore di Striscia avvenne nel 1985 a Forte dei Marmi, dove Antonio Ricci era stato invitato a ritirare il Premio Satira Politica per Drive In e dove Greggio si trovava per una mostra. «Io lavoravo come grafico per Il Tirreno, dopo essere stato a Paese Sera. Ero un vignettista mezzo-giornalista e Antonio Ricci cercava giovani autori provenienti dalla satira scritta e disegnata» racconta. L’illustratore livornese è così entrato nel gruppo degli autori di Drive In e, per decenni, di Striscia la notizia (oltre che di altri programmi come Lupo Solitario e L’araba Fenice). E non ha mai smesso nel frattempo di dare forma e sostanza al giornale che ha avuto due vite.
Il Vernacoliere nacque infatti 65 anni fa come Livornocronaca («un giornale locale di attualità con impronta libertaria, tante inchieste e uno spirito antimilitarista» spiega Max Greggio) e poi divenne una testata autonoma che respirava quella stessa aria, prima quindicinale poi mensile. Il deus ex machina è senza dubbio Mario Cardinali: direttore, editore, corsivista, autore delle locandine, commercialista e consulente legale!

«Nessuno è eterno. Neanche Mario Cardinali» ha scritto di se stesso il vulcanico 88enne, pochi giorni fa, ammettendo che, dopo 65 anni di attività, il peso dell’età si fa sentire: «Il cervello è sempre vispo, ma sottosotto ciondola» è la frase lapidaria e ironica con cui ha parlato della sua intenzione di mettere a riposo matite e rotative.
Se Il Vernacoliere è diventato un simbolo del potere della satira è anche merito di chi si è immolato nel pennellarne grafica  e personaggi: da oltre mezzo secolo a farlo è proprio Max Greggio il quale, cresciuto a pane e fumetti, ha inventato un esercito pacifico di personaggi come Budiulik, una specie di vendicatore anonimo «che difendeva i poveracci dalle ingiustizie ed era l’emblema di anti-potere in tutte le sue forme» come ci racconta il suo stesso creatore. «Uno che combatteva contro professionisti e politici truffaldini, contro l’aumento del costo vita e gli sfratti e la cui pistola sparava solo pernacchie. In pratica il vile di turno veniva spazzato via da una scoreggia!». Impossibile citare tutti i personaggi indimenticabili, da Alvaro il laido a La Nonna bionica, creati da Max Greggio: lui e gli altri della ciurma livornese sono stati definiti gli «ultimi giapponesi della satira» dallo stesso Cardinali.

Chiediamo così proprio a Max Greggio quali siano le ragioni del periodo critico de Il Vernacoliere, che potrebbe davvero chiudere i battenti questa volta. E lui, al di là dei fattori di difficoltà della carta stampata e dell’editoria in generale, va dritto al cuore del problema: la crisi di fruizione della satira. «Con Internet siamo abituati a cose che sembrano gratis. Invece le paghi tutte! E ci siamo abituati a una fruizione immediata, per 50 secondi al massimo. Il giornale invece è impegnativo: devi andarlo a comprare, devi leggerlo e, possibilmente, anche capirlo. Ma la soglia di attenzione si è abbassata. Qualunque cosa che ti fa pensare è troppo impegnativa». Il motivo della longevità? «Il risultato di essere l’ultimo baluardo della satira in edicola è anche legato al modo spartano con cui è stato gestito – Greggio non ha dubbi –. Autori e disegnatori non sono mai diventati esosi perché non c’è trippa per gatti!».

Passione e abnegazione hanno fatto il resto: Max Greggio ad esempio partiva il venerdì, dopo il lavoro con Antonio Ricci e la squadra di Drive In, e si fiondava a Livorno a preparare i materiali per Il Vernacoliere. «E poi a Livorno, anche se non è New York, c’erano tanti ragazzi che ancora avevano un profondo amore per il fumetto» ha aggiunto l’autore e illustratore, maestro di molti altri colleghi che non nascondono la riconoscenza nei suoi confronti. «Il Vernacoliere è stato un fenomeno enorme. Da Livorno senza sponsor Cardinali ha portato avanti un giornale in tutti questi anni e ha tirato su tanti autori e disegnatori: gente bravissima. Da qui è passata la storia della satira in Italia».
E Striscia la notizia non ha mai smesso di ricordarlo, come ha fatto nella puntata del 14 novembre 2017 l’omonimo di Max, Ezio Greggio, al bancone con Enzo Iacchetti, presentando un volumetto sublime: Inps–Men, ovvero le avventure di un gruppo di pensionati mutanti…

Ma il rapporto tra il giornale e il tg satirico ha tratto vivace linfa anche dal lavoro di altri creativi livornesi. David Lubrano è stato per anni autore di Striscia la notizia. L’illustratore e scrittore (il suo ultimo libro è Il domatore di Unicorni) è diventato un vignettista de Il Vernacoliere proprio grazie a Max Greggio, cui è subentrato proprio nel compito di realizzare moltissime mitologiche copertine del giornale, quando il suo predecessore ha cominciato a dedicarsi maggiormente alla satira politica. Il suo viscerale amore per le vignette e il disegno lo hanno traghettato verso il lavoro d’autore, oltre che per Striscia la notizia anche per Il Male e Smemoranda, per citare alcune delle sue collaborazioni.

Lubrano – ideatore di un personaggio memorabile come Bonjo cane da sniffo – sottolinea un dettaglio non secondario dell’avventura di Mario Cardinali: «Quello di non aver mai voluto pubblicità dentro il giornale, una scelta coerente e coraggiosa. Non è mai sceso a compromessi né ha mai voluto accettare i contributi statali per non pagare pegno al sistema, per mantenere le sue scelte di libertà».
Sia Max che David ricordano come – in un giornale in cui il politically correct nel senso più stolido non ha mai fatto capolino – «il discorso scorretto, corrosivo, sboccato non sia mai stato fine a se stesso». È una freccia che colpisce il potere, che dice che il re è nudo quando gli altri mentono: è satira. Punto.

Un’altra gran penna satirica di Striscia e de Il Vernacoliere è senza dubbio il lucchese Fabio Nocchi, autore del recente romanzo  Quasi tutto ciò che vuoi, il cui protagonista si chiama molto significativamente Malox (racconto satirico sulla vita di un ultraquarantenne che fatica a mirare “alto”). Nocchi è autore di rubriche in cui sono condensati tutto il senso dello sberleffo e la potenza parodistica del mensile in vernacolo e in italiano: il Nuovissimo Patrioti con Brio e le sue varianti, Devoti con Brio e Rozza Psicosomatica. Fabio, “alter ego del ben più noto e stimato Albert Myrogue“, ha acconsentito a dire la sua su questo momento delicato per il giornale, confezionando un mini–pamphlet contro le lacrime di coccodrillo

Dice che il Vernacoliere ci lascia, e un po’ purtroppo me l’aspettavo, ma è triste lo stesso. È triste, prima che come collaboratore, come lettore, perché io – come molti miei colleghi – col Vernacoliere in mano ci son cresciuto, e le corroboranti Mancanze di Rispetto di Mario mi hanno formato come amante della comicità, come appassionato di satira, come autore, e financo come uomo pensante e critico. È stato bello partecipare a questa irripetibile avventura in cui l’aulico si fondeva col becero e il provinciale sconfinava nell’universale. Resta l’orgoglio di aver fatto parte, col mio umile contributo, di una ciurma che può vantare tra i suoi membri degli autentici giganti dell’umorismo, che avrebbero meritato e meritano ben altra popolarità presso l’universo mondo, per i capolavori che hanno partorito negli anni (e non ne nomino nemmeno uno, perché se non li conoscete ve li dovete andare a cercare. Tiè). Ma il fatto che, in fondo, le pagine dell’immenso Capitano Mario e dei suoi balordi pirati siano rimaste un po’ un prodotto di nicchia è il suo bello, per l’impagabile piacere che dà l’incontro inatteso con qualche altro adepto che si dichiari, in un bisbiglio confidenziale, addentro a quel pittoresco, multiforme e sboccato mondo. “Anche tu conosci il Vernacoliere?” e nasce subito l’intesa, la consapevolezza di far parte della stessa famiglia, della stessa minoranza non silenziosa ma becera, scorreggiona e dissacrante. E di condividere in questo gli stessi, identici nemici, piatti, grigi e illivoriti. Il bigotto, il fascista, il benpensante: ci basta questo a sentirci, sempre e comunque, dalla parte giusta della storia, con buona pace di chi non è d’accordo.

Il Vernacoliere dunque a breve non ci sarà più, chissà se per un po’ o per sempre. Ma, invece che una lagrima, fatemi versare – citando proprio Mario – un cordiale vaffanculo, dedicato alle migliaia, i milioni, i miliardi di “simpatizzanti” che, sui social, si disperano inconsolabili alla notizia. Guardate che se il Vernacoliere ci saluta è perché magari dovevate comprarne qualche copia in più, invece di limitarvi a dire, ora, che era ganzo davvero e che era una voce libera e che è un peccato non sentirla più. E non potete nemmeno dire che non lo sapevate che si navigava in cattive acque, perché Mario l’aveva detto a tutti, già da anni, e insomma: se volevate frugarvi, il tempo di farlo ce l’avete avuto. Ma siccome non l’avete fatto, ora puppatevi i meme tutti uguali fatti col culo e le vignette senza sugo fatte con l’AI, brodi che ‘un siete altro.

Accident’a voi e chi vi coce ‘r pane.

Per concludere, insomma, ricordiamo che le edicole “muoiono” come mosche di carta e che la gente «scrolla invece di sfogliare», come dice Mario Cardinali. Ma forse, nonostante l’ipotesi chiusura sia ancora sul tappeto, non tutte le speranze sono spente. Il sindaco di Livorno ha lanciato l’operazione Avanti Vernacoliere. È inoltre prevista dal 22 novembre una grande mostra sul territorio in questione, con eventi pensati per rilanciare l’impegno della città toscana per il giornale, attrarre nuovi abbonati e lettori, tenere vive le pagine della rivista.
Quelle scritte e disegnate dai geniacci del Mensile di satira, umorismo e mancanza di rispetto in vernacolo livornese e italiano che in questo mese di novembre 2025 sarà senz’altro nelle edicole!

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