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Antonio Ricci: «Io cattivo? No, ma la verità può far male»
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Antonio Ricci: «Io cattivo? No, ma la verità può far male»

Antonio Ricci: «Io cattivo? No, ma la verità può far male»

L’intervista completa del creatore di Striscia la notizia a Gente, cover story del settimanale in edicola il 29 dicembre: «In realtà sono un buono. Faccio satira da una vita, senza guardare in faccia nessuno. E tanti si arrabbiano se sveli l'ipocrisia».

L’accoglienza non è delle più beneauguranti. Quando arrivo a Cologno Monzese, dove ci sono gli studi di Mediaset, per intervistare Antonio Ricci, aspetto il boss di Striscia la Notizia nella Piazza Gianfranco D’Angelo. È una sorta di installazione permanente al coperto, tutta colorata e col pavimento verde (infatti i “locali” dicono: «Ci vediamo al prato verde», anche se non c’è neppure un filo d’erba). Qua e là campeggiano Gabibbi di ogni tipo e dimensione, ce n’è anche uno fatto di Lego, a grandezza naturale. Sulla sinistra c’è l’ingresso al museo, con i suoi 1.750 minischermi che trasmettono in continuazione puntate storiche del programma e un’enorme struttura trasparente che contiene le innumerevoli querele ricevute (spoiler: tutte vinte). Proprio al centro della piazzetta spicca una ciclopica cacca di plastica, versione gigante di quelle che Vittorio Brumotti piazza sulle auto dei parcheggiatori indisciplinati. In alto, lungo le pareti, una dozzina di mega-Tapiri. Su uno c’è scritto: «Meglio un giorno da velina che cento da giornalista». Cominciamo bene… 

Quando sbuca lui, però, Ricci, l’uomo più temuto della televisione italiana, si mostra di una cordialità disarmante. Ha accettato perfino di prestarsi per il servizio fotografico che vedete in queste pagine, il primo da una quindicina d’anni. Ha fatto un’eccezione per Gente. Perché si sa che Antonio non è esattamente un “animale sociale”. Per dire, a Milano vive in un triste residence, come un criminale al confino, in attesa di tornare nella sua Liguria. 

All’inizio dell’intervista mi offre addirittura un cioccolatino: «Devi mangiarlo tutto in un botto, se no ti va sul maglione, ti fa la bava, sembri un maniaco sessuale».

Eseguo, e trangugiato il dolcetto passo alla prima domanda.

Antonio, quarant’anni di Drive In.

«Sì»

Trentacinque di Striscia.

«Sì».

Tu hai 73 anni. Ma non ti sei ancora stufato?

«Eh no, anzi, mi piace sempre di più. Dev’essere una malattia dello sviluppo. E poi prima ho fatto per tre anni Fantastico e altro».

Quindi ti diverti ancora.

«Ma cavolo, tu non ti divertiresti quando fai un casino e ne parlano fino alle Isole Figi?».

Mai pensato di mollare?

«Una volta sì, ma sono stato dissuaso da quello che a Genova chiamiamo “il geometra”, e cioè Renzo Piano. Avevo 50 anni, ho fatto il compleanno con lui e gli ho detto: senti, ma se io mollassi qui? Quel che dovevo fare l’ho fatto, tutti i premi li ho presi, ho più Telegatti che capelli in testa. E lui mi ha risposto: no, noi dobbiamo morire in cantiere. Oggi gli sono grato, e contento di essere ancora qui, anche perché ho potuto fare cose che non mi aspettavo, tipo salvare un parco da una speculazione edilizia, ad Alassio, e farlo diventare il parco più bello d’Italia».

Striscia è forse l’unica trasmissione che porta avanti delle campagne a favore o contro questo o quello, e poi ottiene risultati, o comunque informa gli spettatori di come è andata a finire…

«Sì. Rompiamo le scatole fino alla fine. Se ogni tanto ci dimentichiamo, poi recuperiamo con gli interessi».

Quante querele hai ricevuto?

«Esattamente non me lo ricordo, ma almeno 400. Sai, la prima cosa che fanno è querelarti, perché così tentano di scoraggiarti dal continuare e nel contempo possono giustificarsi in giro: gli ho fatto causa, ora ci pensa la giustizia. Purtroppo i tempi dei tribunali non coincidono con quelli televisivi. Magari si va avanti per anni e anni e quando la denuncia viene archiviata non interessa più a nessuno».

Non hai mai perso?

«Mai. Tranne una volta, per un fuori onda di Gianni Vattimo. Fui condannato in Italia ma poi la Corte europea dei diritti dell’uomo stabilì che era stata lesa la mia libertà di espressione».

Insomma, nella sostanza le cause le hai vinte tutte. Un record.

«Diciamolo così: ho la fedina penale pulitissima, immacolata. Pronta a essere sporcata. E ti dico di più. Sapendo tra poco di morire, ne approfitto e ne faccio di peggio, divento più pericoloso».

A proposito di fuori onda…

«Mmmmh… Non capisco cosa mi vuoi chiedere».

Indovina.

«Non lo so». (Sorride, mefistofelico)

Il dopo Giambruno, dai. È stato detto che era una manovra contro il governo, che c’era uno scopo politico… Ma tutti hanno capito che Ricci è fatto così. Non puoi dargli non dico ordini, ma neppure suggerimenti…

«E se no faccio il contrario! È la mia natura. Già da bambino ero così stupido che i miei mi dicevano: studia! E io non studiavo. Poi hanno capito che mi dovevano dire: non studiare! E io sotto coi libri…».

Com’è finita con Giambruno?

«È uscita una storia in cui si dice che lui vorrebbe querelare Mediaset e me, ma è tutto molto indefinito. Cioè, persone che erano a cena o a pranzo in un ristorantino con Giambruno uscendo avrebbero riferito che lui avrebbe detto che, avendo lui un avvocato molto importante, che qualcuno ha sibilato potesse essere Annamaria Bernardini De Pace… Poi l’hanno incontrato e sembrerebbe che lui abbia detto “non ho niente da aggiungere”, o forse “non intendo parlarne”. Poi sembrerebbe esser stato avvistato a una festa di Natale negli studi di Roma mentre si sarebbe fatto dei selfie con Pier Silvio. Boh, è la fiera dei condizionali. So solo che è stata citata una sentenza della Cassazione sul rispetto della privacy. Io me la sono andata a leggere e l’ho trovata inconferente».

Inconferente? 

«Esatto. E in onore di Giambruno, l’anno prossimo Striscia si chiamerà “La voce dell’inconferenza”. Ma insomma, io vorrei sapere che cosa ho fatto di male: non ho compiuto reati, ho svolto semplicemente il mio lavoro, quello che faccio da anni. Ho mandato in onda, scusa il bisticcio, quasi 700 fuori onda… Se poi questo in particolare era del compagno della Meloni, a me in quanto autore satirico non importa, perché io non devo guardare in faccia nessuno. Qualcuno può forse dire a chi fa satira che certi soggetti sono intoccabili? No. Ho agito in perfetta buona fede e facendo satira, il mio lavoro di sempre».

Giorgia Meloni la conosci?

«Non l’ho mai incontrata. Devo dire che sono rimasto stupito che nel suo messaggio non abbia speso una parola per le donne che erano lì ad assistere alla performance di Giambruno. Il testo della performance non l’ho scritto io, l’ho solo mostrata. Posso solo garantire che non era un deepfake. E a questo punto io mi chiedo anche un’altra cosa, bizzarra. Ma chi ha messo un personaggio del genere a condurre una trasmissione, come si dovrebbe sentire? Credo, molto peggio di me. Anche perché io non trovo le sue dichiarazioni fuori onda, come stile e come contenuti, molto diverse da quelle che aveva fatto in onda. A merito di Giambruno, va però detto che ha portato anche le Isole Figi a conoscenza dell’esistenza del Blu Estoril, che poveretto era relegato in una zona incognita. Penso che gli abitanti delle Figi gli debbano essere grati per la vita».

Ho letto che da tempo non voti più. Ma prima per chi votavi?

«Mi avevano definito un “marxista wagneriano”».

Sei una personalità molto influente: non pensi che sia un brutto segnale da parte tua, visto che sempre meno elettori vanno a votare?

«Non è colpa loro. Le delusioni sono state troppe. Finisce che ti senti più a posto con la tua coscienza se non dai appoggio a gente che non ti ispira fiducia. Ho visto satirici tifare apertamente per qualcuno, ma io ritengo che chi fa satira debba stare al di sopra e avere una visione a 360 gradi. Se no diventa cecchinaggio. E poi, essendo io profondamente democratico, penso che l’unica cosa veramente rivoluzionaria sia la verità: poterla dire anche nei confronti della parte politica per cui simpatizzi è doveroso, ed è un momento di crescita. Mentre c’è chi pensa che sia un tradimento».

Il tuo errore più grande e la cosa di cui vai più fiero?

«Nel mio caso potrebbero coincidere…».

Qual è il tuo film preferito?

«Be’, ovvio: L’angelo sterminatore di Bunuel».

Chi vorresti a condurre Striscia e non sei mai riuscito ad avere? Tranne Fiorello, naturalmente…

«Eh, bravo. Ma guarda che lui prima o poi deve venire. Potevo approfittarne, adesso, ma non l’ho fatto».

Cioè?

«Ha promesso che se non fosse stato controprogrammato nella sua serata del Festival di Sanremo, sarebbe venuto gratuitamente per un’ora a Mediaset. Così adesso c’è questa ora che balla: chi se lo cucca? Comunque, gli voglio talmente bene che un’ora non mi basta».

Brumotti è stato picchiato per l’ennesima volta. Non senti una tua responsabilità?

«Eh, la sento sì. Ma lui è incontenibile. Solo una volta sono riuscito a impormi. Stava in bilico con la bici su una torre di 70 metri. Ero lì sotto. Per convincerlo gli ho dovuto dire una roba paradossale: se un buffo di vento ti fa cadere, io sto bevendo il caffè, mi schizzi e mi girano le scatole. Si è convinto».

Hai amici nel mondo dello spettacolo?

«Ho tanta gente che mi stima, perché conosce la difficoltà del mio lavoro».

Ma sei più amato o più temuto?

«Da come la vedo io, molto più amato. Poi, certo, molti mi temono perché sanno che sono incontrollabile, e ho a disposizione una macchina infernale. Ed è chiaro che c’è tutta una serie di persone a cui in questi 35 anni abbiamo rotto le uova nel paniere».

Fabio Fazio, Paolo Bonolis, Flavio Insinna…

«Be’, diciamo che tanti di questi sanno che potevo anche fare peggio».

Tu pensi di essere un buono?

«Assolutamente sì. Ho ereditato la bontà della mia mamma, che era maestra a Campochiesa, un paese vicino ad Albenga dove le hanno appena intitolato la scuola».

Però all’esterno sei vissuto come il più cattivo dei cattivi.

«Il mondo è malvagio, i cattivi sono loro. Non ho mai fatto del male a una brava persona. Sai, tutto quello che facciamo sono cose vere. È chiaro che tanti amano vivere nell’ipocrisia. Se tu gli dici la verità si arrabbiano con te perché hai tolto il velo. Lo trovano insopportabile mentre io lo ritengo un atto di estrema bontà».

Hai un eterno contenzioso con Claudio Baglioni.

«Baglioni? Mi ha querelato tre volte. La prima perché, anni fa, avevo detto che gli avrei tirato una molotov, denuncia archiviata. La seconda volta, tempo dopo, perché ho detto che non gli avrei tirato una molotov, perché mi rendevo conto che essendo tutto plastificato avrei creato un danno ambientale, con rilascio di diossina e altri agenti nocivi, archiviata pure questa. E pensa che adesso ha avuto il coraggio di far sequestrare il libro su di lui, pieno peraltro di cose vere. Da quanto tempo non veniva censurato un libro? Tra poco ci sarà il processo».

Ti vorrei chiedere di fare il guru, o il paraguru, con una serie di previsioni sul 2024. Che anno vedi?

«Ogni volta mi aspetto cose meravigliose, ma solitamente non ci azzecco». 

Sei un ottimista?

«Sì, nel senso che sono talmente pessimista che ho dato il giro».

La Meloni dura?

«Niente dura. Lei giustamente vuole durare ed è stata scelta dai cittadini per questo».

Ed Elly Schlein?

«No. Non dura. Non ce la può fare. Mentre la Meloni ha della parentela al comando, che le dà dei problemi ma perlomeno ci sono interessi che non confliggono, dall’altra parte la Schlein non ha intorno gente di cui potersi fidare. Tranne l’armocromista, forse». 

Il generale Roberto Vannacci?

«Ho sempre diffidato dei Gabibbi. Ormai si è visto: non esiste più una politica animata dalla fiducia. L’elettorato da anni si affida a chi sembra voglia fare qualcosa di nuovo. Quindi si vota Lega, Berlusconi, Cinque Stelle, Meloni… Ma mentre la Meloni ha studiato per fare politica, Vannacci no. Verrebbe usato. E sono sempre illusioni, son sempre Vanne Marchi che passano».

Manderai i tuoi a sfruculiare Sanremo?

«Mah, manderemo Pinuccio e Lucci, poi Staffelli distribuirà dei Tapiri. Ma niente di più».

Amadeus?

«È un professionista. Gli va riconosciuto che ha sempre fatto dei Festival con alcune belle canzoni. È il suo mestiere, ha il bernoccolo per quel mondo, non risulta un intrigante, mai avuti problemi con lui. Poi, certo, se ci saranno delle cose gli andremo sotto».

Ci salutiamo e mi resta un dubbio: che Antonio Ricci sia davvero un buono?

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