Luca Abete in 7 mesi è già arrivato a 35 giorni di prognosi: «Siccome facciamo un tg satirico non veniamo mai riconosciuti come persone seriamente minacciate»
La sua professione sta amaramente diventando quella dell’inviato menato. Perché Luca Abete, volto di Striscia la notizia, che si sappia armato solo di microfono, finisce spesso vittima di spintoni e minacce, manate e intimidazioni. «Negli ultimi sette mesi ho già accumulato 35 giorni di prognosi», dice sul filo del sarcasmo. Inviato del tg satirico di Canale 5, Luca Abete è abituato a non essere ben visto, specie quando scoperchia il vaso del piccolo o grande malaffare di Napoli e provincia. Anche pochi giorni fa è stato vittima di un’aggressione finita con un calcio in testa. Ma le botte a volte arrivano anche da chi non te l’aspetti e sono quelle più sorprendenti: «Sono stato menato dalla Protezione civile, dalla Polizia e anche da due donne».
Non le viene voglia di mollare? «Ho fatto tanto volontariato e assistenza, quello che ho imparato è che la cosa più bella è donare senza voler nulla in cambio. È un salto di qualità nell’approccio alla vita. Vivo in una terra denigrata, ma fatta di persone per bene, dove il rumore assordante di pochi si fa sentire di più della maggioranza silenziosa. La gente si sente abbandonata dalle istituzioni, non ha interlocutori e ha bisogno di un punto di riferimento. Noi siamo lì per quello. Riusciamo a essere risolutivi con i superpoteri che ci danno milioni di spettatori». Dice di non avere paura, ma la sua vita è cambiata: «Non ho mai paura, anche in quei momenti concitati. È la sana incoscienza che nasce dalla consapevolezza che è importante quello che stiamo facendo. Odio le ingiustizie e la prepotenza. Però ho modificato il mio modo di vivere. In certi posti non ci vado più da solo. E le minacce sul web sono quotidiane». Su Wikipedia c’è stato anche chi ha modificato la pagina e l’ha dato per morto… Vive anche un paradosso: «Siccome facciamo un tg satirico non veniamo mai riconosciuti come persone seriamente minacciate. Non ho figli, se li avessi forse sarei più preoccupato».
Ha mosso i primi passi a Striscia grazie a un concorso per nuovi inviati, in cui il pubblico decideva i migliori. Oggi si chiamerebbe talent: «Mi proposi mandando un video e fui scelto dal pubblico insieme ad altri 10. Sono stati due anni di selezione e formazione, mi sono serviti tantissimo. Andavo in video 2 volte all’anno, ora sono diventate 110 all’anno. Studiavo gli altri inviati e mi impegnavo». Poi è arrivato anche l’abito di scena: giacca di velluto verde e pantaloni marroni. Tipo albero, costume da abete, come il suo cognome. Tante denunce — dalla Terra dei fuochi ai parcheggiatori abusivi, dai casi di malasanità alla pubblica istruzione — la situazione è migliore o peggiore rispetto a 10 anni fa? «In alcuni casi è cambiata la percezione dei problemi: chi vive nella Terra dei fuochi prima non si preoccupava, adesso sì. Magari qualche caso si è risolto, ma tanto ne subentrano di nuovi. E poi grande collaborazione dalle istituzioni non ne abbiamo: fanno interventi spot al momento della denuncia, ma non risolutivi. In realtà — questa è l’assurdità — siamo vissuti come un problema perché portiamo alla luce problemi che lo Stato dovrebbe risolvere». Il danno e la beffa.
(Corriere della Sera/ Renato Franco, 4 aprile 2017 )