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Chiara Ferragni e Fedez entrano nella Treccani: l’annuncio sui Ferragnez

Chiara Ferragni e Fedez entrano nella Treccani: l’annuncio sui Ferragnez

Chiara Ferragni e Fedez entrano nella Treccani: l’annuncio sui Ferragnez

Chiara Ferragni e Fedez sono senza ombra di dubbio la coppia italiana più seguita del momento, dall’alto dei loro oltre 33 milioni di follower. E ora che la famiglia si è allargata con l’arrivo della secondogenita Vittoria i due sono ulteriormente tornati a occupare le pagine di tutti i magazine di gossip.

Un po’ come novelli Al Bano e Romina o come i Sandra e Raimondo del nuovo secolo, Chiara Ferragni e Fedez sono belli, giovani e di successo e nonostante questo si mostrano come una famiglia qualsiasi (o quasi). La loro epopea è diventata talmente di dominio pubblico da essersi meritata un termine ad hoc in una delle enciclopedie più celebri e autorevoli al mondo, la Treccani. Dopo aver registrato il neologismo “influencer” nel 2017, definito come “personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’àmbito delle strategie di comunicazione e di marketing”, l’Enciclopedia ha annunciato di aver incluso tra i nuovi lemmi della lingua italiana la parola “Ferragnez“, nata dalla crasi tra il cognome di Chiara e il nome d’arte del rapper. Un po’ come negli Stati Uniti si suole fare con le coppie di star più amate (Brangelina docet).

La decisione ha destato qualche perplessità tra i puristi della lingua, che vedono l’inserimento di questo neologismo come un’amara profanazione del dizionario. Ma la scelta è lungi dall’essere un giudizio di merito, come spiegato dalla stessa Treccani: “I neologismi che registriamo sono uno specchio di come parlano e scrivono gli italiani, non di quello che crediamo debbano dire o scrivere, (…) rilevare un neologismo non implica giudizi morali, né artistici, né sportivi”.

Come si legge sul sito ufficiale dell’Enciclopedia Treccani “i dizionari dell’uso non hanno un approccio normativo o prescrittivo: non determinano cosa si può e non si può dire, e non convalidano l’uso dei neologismi lemmatizzandoli. Si scontrano quindi con le aspettative di parte del pubblico, che li immagina come arbitri che mantengono alti gli standard linguistici”.

Il compito di un vocabolario – spiegano – non è quello di approvare e certificare le parole sulla base di canoni estetici personali, quanto quello di registrare i termini utilizzati “in base a criteri ben definiti tra cui frequenza d’uso, uso nel tempo e distribuzione: per poter essere lemmatizzato, un neologismo deve essere usato spesso, da almeno un certo tempo e in contesti o ambiti diversi”.

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