Sono trascorsi quasi quattro anni da quando l’ex vicepremier Luigi Di Maio, oggi ministro degli Esteri, annunciava di aver «abolito la povertà», grazie all’approvazione del Def con cui veniva approvato il Reddito di cittadinanza.
Negli ultimi tre anni, dunque, lo Stato ha pagato circa 8 miliardi di euro l’anno agli oltre 3 milioni di italiani sparsi per il paese risultati idonei per ricevere il sussidio.
Una misura nata con l’obiettivo di sostenere i disoccupati in attesa di trovare un impiego, che però non sembra essere stata così efficace. Il motivo? In molti si rifiutano di accettare posti di lavoro per i quali, essendo messi in regola, perderebbero il denaro statale. A conti fatti, infatti, per alcune persone è più “conveniente” tenersi il Reddito di cittadinanza e “arrotondare” con un lavoro in nero.
Striscia si è più volte occupata di come il provvedimento avesse delle falle, specie in termini di controlli, rispetto all’uso improprio che ne veniva fatto.
Nelle ultime settimane molti giornali si sono occupati della difficoltà dei datori di lavoro di trovare personale, specie nei settori della ricettività e del turismo. L’ultimo “allarme” arriva dalla Versilia dove gli stabilimenti rischiano di non poter aprire per l’assenza di bagnini. Non è diverso il caso dei ristoratori che non riescono a trovare camerieri da assumere regolarmente.
In molti casi il compenso, per i percettori del Reddito di cittadinanza, non è così allettante rispetto al denaro ricevuto senza muovere un dito o al doppio “stipendio” che si ottiene sommando il sussidio al compenso ottenuto tramite il lavoro nero. E questo nonostante nel provvedimento che sanciva il via libera al Reddito di cittadinanza fossero previste delle figure (i celebri Navigator) che avrebbero dovuto sottoporre ai percettori del reddito delle offerte di lavoro che, se rifiutate per tre volte, avrebbero dovuto far perdere il sussidio.
Striscia la notizia ha deciso di andare in fondo alla questione e con l’inviata Stefania Petyx cercherà di capire cosa non abbia funzionato nella misura che avrebbe dovuto stimolare la crescita dell’occupazione e aiutare le famiglie.