Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ogni anno invita governi, organizzazioni internazionali e ONG a organizzare per questa ricorrenza attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani ancora molto diffusa.
Come sottolinea l’ONU, “la disuguaglianza di genere ancora persiste in tutto il mondo, e raggiungere l’uguaglianza e l’emancipazione del genere femminile richiederà sforzi più vigorosi per contrastare una discriminazione basata sul genere profondamente radicata, spesso derivante da atteggiamenti patriarcali e dalle norme sociali correlate”.
E che, nonostante il trascorrere degli anni, ci sia sempre più bisogno di parlare di questo fenomeno lo dimostrano i fatti di attualità degli ultimi giorni.
Nelle ultime settimane due sono state le notizie di cronaca più discusse: il caso Genovese e il caso della maestra d’asilo di Torino.
Il primo riguarda l’imprenditore finito in carcere con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di 18 anni che aveva partecipato a una delle sue feste durante il lockdown; il secondo vede protagonista – suo malgrado – una maestra d’asilo di Torino licenziata perché l’ex fidanzato aveva diffuso delle foto hard in una chat con amici (insomma, un classico caso di “revenge porn”).
Due casi molto diversi, che non si discostano però in quanto a reazioni sul web. Entrambe le ragazze sono vittime, eppure nei commenti che si leggono e si sentono in giro c’è sempre un “ma”.
“Ma non sarebbe dovuta andare a quella festa”, da una parte; “ma non avrebbe dovuto farsi quelle foto” dall’altra (solo per fare degli esempi).
La violenza contro le donne è anche questa, la gogna – mediatica e non solo – che ci si ritrova a subire anche quando si è vittime. E non solo dagli uomini, spesso anche da parte di altre donne.
Donne che dovrebbero, invece, fare fronte comune. Quando la persona in difficoltà è una sconosciuta esattamente come faremmo per un’amica.
Un passaggio molto intenso dell’intervista rilasciata dalla nostra Valeria Graci a Verissimo parla proprio di questo, della forza che le sue amiche, “le ragazze”, come le definisce lei, le abbiano dato per superare un periodo molto difficile della sua vita, quello della separazione dall’ex marito, che su di lei ha fatto violenza psicologica.
Nonostante non esista il reato di violenza psicologica, va comunque sottolineato come il codice penale riconosca alcune fattispecie di reato volte comunque a contrastare questo genere di abuso.
“La violenza di genere è un crimine odioso che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un’azione di polizia, richiede una crescita culturale. È una tematica complessa che rimanda ad un impegno corale. Gli esperti parlano di approccio olistico, capace di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle Istituzioni, alla scuola, alla famiglia”, ha dichiarato il Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Franco Gabrielli annunciando la pubblicazione realizzata dalla Direzione centrale della Polizia criminale proprio in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Nel rapporto diffuso si legge che “nel periodo gennaio-settembre di quest’anno, confrontato con lo stesso periodo del 2019, si registrano numeri inferiori rispetto a quelli dello scorso anno, che risentono evidentemente anche della difficoltà di denunciare del periodo del lockdown, dove tutte e tre le fattispecie fanno registrare un calo. La fascia d’età più colpita è quella che va da 31 a 44 anni, le vittime sono italiane nell’80% dei casi (81% nel 2019), mentre, tra le vittime straniere, predominano quelle di nazionalità romena, anche in relazione alla maggior presenza sul territorio nazionale”.
Che la pandemia possa aver influito in maniera negativa sul numero di denunce è purtroppo un tema complesso, di cui Striscia si è occupata lo scorso aprile, in pieno lockdown.
La Polizia, nel suo rapporto, ha voluto poi ricordare che già dallo scorso lockdown la app YouPol, ideata per contrastare bullismo e spaccio di droga, comprende una funzione per segnalazioni di violenza domestica.
L’applicazione consente di trasmettere in tempo reale messaggi ed immagini agli operatori della Polizia di Stato.
Le segnalazioni sono automaticamente geo-referenziate, ma è possibile per l’utente modificare il luogo dove sono avvenuti i fatti. È inoltre possibile dall’app chiamare direttamente il 113. Tutte le segnalazioni vengono ricevute dalla Sala Operativa della Questura competente per territorio.
Per chi non vuole registrarsi fornendo i propri dati, è prevista la possibilità di segnalare in forma anonima.
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