Slitta ancora il processo con rito abbreviato che vede imputati l’ex assessore regionale pugliese Michele Mazzarano e l’imprenditore tarantino Emilio Pastore.
L’accusa è di corruzione elettorale per la vicenda dello scambio di favori in vista delle elezioni regionali del 2015, portata alla luce da Striscia la notizia con l’inviato Pinuccio.
Il motivo? Dovrà essere un giudice togato e non un giudice ordinario a celebrare l’udienza, inizialmente fissata per ieri e ora rimandata al 23 ottobre.
Il pm Carbone ha spiegato, nel capo di imputazione, che Mazzarano «quale candidato alle elezioni amministrative regionali svoltesi nel 2015, prometteva a Pastore Emilio l’assunzione dei due propri figli» presso una ditta privata ottenendo in cambio l’impegno di Pastore per raccogliere consensi e l’utilizzo gratuito di un locale in via Dante utilizzato come comitato elettorale, come già raccontato nei nostri servizi.
Al termine della tornata elettorale il candidato massafrese ottenne 7778 voti che gli permisero di aggiudicarsi un seggio in viale Capruzzi a Bari e successivamente anche la delega assessorile allo Sviluppo Economico.
Mazzarano, però, mantenne solo in parte la promessa fatta a Pastore: solo uno dei due figli, infatti, fu assunto (dalla Ecologica spa, società che esegue lavori di pulizia all’interno dell’Ilva ed estranea ai fatti).
La rabbia per la mancata assunzione del secondo figlio spinse l’imprenditore a rivolgersi a Striscia come rappresaglia nei confronti di Mazzarano.
Le indagini, affidate alla Digos, sono partite proprio dopo la messa in onda dei primi servizi di Pinuccio, in cui venivano mostrate le registrazioni che Pastore aveva effettuato di nascosto dei suoi incontri con l’ex assessore.
Nonostante questo, Mazzarano, per circa otto mesi assessore regionale allo Sviluppo economico, poi dimessosi in seguito ai nostri servizi, ha sempre respinto le accuse.