Rajae Bezzaz ci ha raccontato l’avvincente storia di un campione di squash rifugiato pakistano, Bilal Khan, che scappò dal suo Paese a causa della presenza dei Talebani. In Italia è riuscito a migliorare la sua preparazione e le sue prestazioni tanto da entrare nella squadra nazionale di squash.
Ne parliamo il 18 ottobre perché in questa data si celebra la Giornata Mondiale di questa disciplina sportiva: una Giornata istituita nel 2014 in memoria di Derek Sword, un atleta scozzese che ha perso la vita nell’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001. Lo squash, che era molto in voga negli anni Ottanta, è tuttora molto praticato in vari Paesi del mondo ma di recente è stato abbandonato da tanti ex praticanti che gli preferiscono il padel, il nuovo simil-tennis di tendenza tra vip di ogni settore.
La Giornata ha anche lo scopo di promuovere l’ingresso dello sport alle Olimpiadi e i benefici di una disciplina facilmente adattabile agli spazi chiusi. E da uno spazio molto “chiuso” in senso sociale e politico è riuscito a fuggire un ragazzo che ha realizzato molti dei suoi sogni grazie allo squash. Bilal Khan di Peshawar, in Pakistan, decise di sottrarsi al ricatto dei Talebani, agli attentati kamikaze e anche – nel caso in cui fosse stato costretto a sottomettersi alle richieste dei Talebani stessi – al rischio delle ritorsioni nei confronti della sua famiglia da parte dell’esercito regolare.
Bilal abitava vicino a Jansher Khan di Peshawar, il giocatore di squash professionista considerato come uno dei più grandi di tutti i tempi che ha fortemente ispirato il protagonista del servizio realizzato da Rajae e andato in onda nel tg satirico di Antonio Ricci il 5 gennaio 2018. Il giovane pakistano venne accolto in un centro rifugiati di Campobasso. Qui, dopo qualche tempo, scoprì l’esistenza di un centro federale di squash a Bari: Bilal Khan ricorda in questo video di essere arrivato lì senza racchetta, con la barba lunga e le scarpe rotte
Le origini dello squash citato anche da Dickens
Gli inizi dello sport amato dal giovane Bilal risalgono all’Ottocento e le prime testimonianze di questo sport provengono dalle carceri di Londra, dove i detenuti lo praticavano come passatempo per sfogarsi e mantenersi attivi. Persino Charles Dickens fa riferimento al gioco nei suoi scritti (ad esempio in un capolavoro come Il Circolo Pickwick), descrivendo i reclusi con alcune racchette colpivano una palla contro le pareti. Il termine “squash” deriva da una parola inglese che significa “schiacciare” o “comprimere. Pare che lo squash fosse praticato anche in strada, contro i muri delle case: una forma spontanea di attività motoria abbastanza diffusa. Questo sport entrerà ufficialmente a far parte del programma dei Giochi Olimpici in occasione di Los Angeles 2028.
Le regole dello squash
Nel 1923 fu pubblicato l’iniziale regolamento: il primo giocatore che batte mantiene la battuta fino a quando commette un errore. Solo il giocatore che è in battuta può ottenere punti: l’avversario deve cercare di strappargliela. Il servizio consiste nel lanciare la palla contro la parete frontale del campo, con l’obiettivo di farla rimbalzare nel box opposto a quello del battitore. Se la palla tocca il pavimento prima del muro – oppure il soffitto – non è considerata valida. Nel gioco bisogna evitare di intralciare i movimenti reciproci. Una partita di squash si gioca agli 11 punti, o ai 15 nei tornei ufficiali, e si disputa in tre set o giochi. Si stima che ci siano ancora milioni di praticanti di squash nel mondo e oltre 50.000 campi sparsi in decine di nazioni.