Il 19 luglio 1992 alle 16:58 in via d’Amelio, a Palermo, viene assassinato il giudice Paolo Borsellino. Con lui muoiono anche i cinque agenti della scorta, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Agostino Catalano ed Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio).
Non ci sono dubbi su chi sia responsabile dell’attentato. La mafia colpisce di nuovo, mentre è ancora aperta la ferita per la morte di Giovanni Falcone, assassinato con la sua scorta sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo, all’altezza di Capaci, meno di due mesi prima.
L’Italia si ferma, ancora una volta, e piange un altro dei suoi uomini simbolo di legalità e di lotta alla criminalità organizzata. Sono trascorsi 30 anni da quel 19 luglio 1992. Trent’anni in cui tanto si è detto e tanto si è fatto, ma in cui non è stata fatta del tutto chiarezza, nonostante la moltitudine di processi e decine di sentenze.
Quel 19 luglio era una domenica. Una domenica come tante, destinata a entrare nella storia e a rimanere impressa nella memoria di tutti. Difficile per ogni siciliano o siciliana non ricordare dove si fosse o cosa si stesse facendo in quella circostanza.
Lo abbiamo chiesto alla nostra Stefania Petyx, che ha voluto condividere il suo ricordo di quel tragico pomeriggio e l’eredità lasciata dai due giudici.
Diverse le circostanze per Roberto Lipari, che all’epoca della strage aveva poco meno di due anni. Troppo piccolo per ricordare quel giorno, ma in grado di portare avanti il messaggio di cui i giudici Falcone e Borsellino si sono fatti portatori.
Commovente anche il ricordo di Sergio Friscia, che siamo abituati a vedere sempre scatenato e pieno di allegria, ma che questa volta rimane serio per raccontarci come ha vissuto quel 19 luglio 1992, lui che abitava proprio nei pressi di via d’Amelio.