Rassegna Stampa

Striscia la notizia e i mitici ’90. Vittoria Ricci in visita alla mostra: «Io che sono nata col Gabibbo»
La Nazione

Striscia la notizia e i mitici ’90. Vittoria Ricci in visita alla mostra: «Io che sono nata col Gabibbo»

Striscia la notizia e i mitici ’90. Vittoria Ricci in visita alla mostra: «Io che sono nata col Gabibbo»

Estratto dell'intervista a La Nazione. La figlia dell'inventore del tg satirico ha donato alcuni cimeli per la rassegna di Seravezza a Palazzo Mediceo

«Visitare la mostra dedicata agli anni ’90 è stato emozionante e divertente allo stesso tempo. Rivedere tanti momenti e oggetti di quel periodo mi ha fatto tornare bambina. Mi rende molto orgogliosa vedere esposti così tanti cimeli legati a Striscia che fanno parte non solo della storia della televisione ma anche di quella di tutti gli italiani».

La sua vita si intreccia con quella del Gabibbo. Così come quella di Striscia La Notizia si fonde con le dinamiche d’Italia (‘Belandi’ ci sarebbe da dire). Vittoria Ricci, figlia dell’autore e produttore televisivo Antonio Ricci, geniale inventore del tg satirico Mediaset, ha esplorato la mostra «Ritorno ai ’90» ospitata fino al 27 luglio a Palazzo Mediceo: a fare da cicerone il direttore della Fondazione Davide Monaco che l’ha accompagnata in un percorso a ritroso tra copertine di magazine, giochi in scatola, maxi Simpson, zainetti Invicta, il motorino Si Piaggio, gli Swatch, i bomber, le immagini delle top da passerella. Poi la sosta nello spazio dedicato proprio ad alcuni cimeli della trasmissione tv più longeva, tra tapiri e Gabibbo, reso possibile proprio grazie a un impegno di ricerca messo in atto da Vittoria che molti anni fa ha dato impulso al grande Museo di Striscia a Cologno Monzese.

Come nacque l’idea di esporre la storia del programma?
«Me lo propose mio padre. Non ho competenze scenografiche o di design, però sono appassionata di mostre per il mondo. Così ho preso spunto dalla mostra celebrativa per i 20 anni di Striscia, allestita alla Triennale di Milano che, ancora oggi, è la più visitata in assoluto nella storia del museo. Il problema è stato ritrovare i cimeli esposti. In primis i 4138 piccoli schermi che proiettavano ciascuno una puntata differente e che erano stati la principale attrattiva per il pubblico: dopo una ricerca certosina li trovai in un magazzino Mediaset in mezzo ai bilici parcheggiati e a una miriade di cose accatastate. Oggi sono funzionanti e anima della permanente. E così, da una piccola vetrinetta, è nato il grande museo aperto al pubblico di Striscia e alle scuole. E’ stato anche un lavoro collettivo, tanti collaboratori hanno contribuito con i loro ricordi, uno dei nostri cameramen storici mi ha portato la scaletta della puntata zero di Striscia».

Le chicche?
«Mio padre è molto affezionato al Tapiro in cartapesta che gli è stato donato dai carcerati di San Vittore. C’è anche il Tapiro di sale che rifiutò Wanna Marchi, insieme a una foto diffusa all’epoca dal fidanzato di Stefania Nobile, Davide Lacerenza, in cui, come nell’opera “Davide e Golia” di Caravaggio, appare con la testa di mio padre in mano. Tra i miei preferiti il Gabibbone composto da 65mila mattoncini Lego e la busta contenente il programma di Governo che l’allora Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, indirizzò proprio al Gabibbo».

Tra l’altro il programma è pieno di simbolismi…
«Niente a Striscia è casuale: all’ingresso della redazione ci sono le onde dipinte perché mio padre, da buon ligure, vuole vedere il mare. Ma anche perché, nelle antiche simbologie, l’onda rappresenta il dubbio. Il dubbio è da sempre l’imperativo di Striscia ed è alla base del nostro lavoro: rifiutiamo il pensiero unico e coloro che si ritengono depositari di verità inscalfibili a favore del confronto costruttivo».

Ma secondo lei il velinismo è stato emancipazione o mercificazione?
«Le veline sono ragazze della porta accanto che lavorano duro in sala prove e studiano dizione. Sono orgogliosa di lavorare con giovani così: l’attuale mora Beatrice Coari frequenta l’università e studia in camerino tra una prova e l’altra. Le veline ci riportano all’intrattenimento del varietà. Mio padre propose già dagli anni ’90 sul bancone anche figure maschili come il velino Edo Soldo».

Come fa oggi Striscia a resistere in un’offerta di programmi di approfondimento così vasta?
«Due sono gli elementi vincenti: la verifica attenta dei fatti e delle fonti e l’elemento ‘casa’, il team di lavoro è lo stesso da 40 anni ed è una grande famiglia».

Lei è nata nel 1988 e quindi ha vissuto l’infanzia negli anni Novanta: quale oggetto della rassegna al Mediceo le ha acceso la memoria?
«Rivedere Michael Jackson mi ha fatto ricordare quando a 8 anni tormentai i miei genitori affinché mi accompagnassero al concerto a San Siro. Il mio passato è legato anche al Game Boy e all’elenco telefonico immancabile in casa. Erano gli anni delle Spice Girls, degli zainetti con i ciucci appesi e di tante cose belle. Per godermi ancora un po’ il mood, rifaccio un giro».

Leggi l’intervista integrale sulle pagine del quotidiano La Nazione, in edicola oggi mercoledì 14 maggio 2025, e online sul sito www.lanazione.it

Vai all'articolo

Ultime dalla Rassegna

vedi tutte