News

Antonio Ricci alla Sapienza: “La velocità di Drive In era una tecnica di guerriglia”

Antonio Ricci alla Sapienza: “La velocità di Drive In era una tecnica di guerriglia”

Antonio Ricci alla Sapienza: “La velocità di Drive In era una tecnica di guerriglia”

All’università di Roma la lezione-evento “Drive In e la Storia della Televisione”, con Barbara Palombelli, Victoria Cabello, Enrico Mentana, il docente Andrea Minuz e il giornalista Michele Masneri. Antonio Ricci ha raccontato agli studenti i segreti del suo rivoluzionario programma

«La velocità di Drive In era una tecnica di guerriglia. Se sei veloce, mordi e fuggi. Noi eravamo una piccola realtà, i più deboli del palinsesto televisivo, ma colpivamo e scappavamo. Una tecnica di guerriglia da Viet-Cong, che ci permetteva di affrontare, e a volte abbattere, gli idoli dell’epoca». Così Antonio Ricci, in uno dei passaggi della lezione-evento “Drive In e la Storia della Televisione” che si è tenuta all’università La Sapienza di Roma il 22 marzo. In cattedra con Antonio Ricci, Barbara Palombelli, Victoria Cabello ed Enrico Mentana hanno parlato del fenomeno Drive In davanti agli studenti del Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte e Spettacolo. Moderatori della lezione-evento il docente Andrea Minuz e il giornalista Michele Masneri.

Drive In debuttò nell’ottobre 1983, più di 40 anni fa, ma è stato uno dei più grandi e rivoluzionari fenomeni tv. Infatti, è un programma rimasto nella memoria collettiva di più generazioni di italiani. «Il segreto di Drive In – ha spiegato Ricci – era offrire l’alto e il basso, mescolando vari livelli di lettura. Un conto è fare una trasmissione di nicchia, un conto puntare al nazional-popolare in senso quasi gramsciano… Cioè cercare, attraverso il varietà, di interessare più gente possibile. Drive In non era una trasmissione da “visione solitaria” come qualcuno ha detto. Anzi, so che famiglie e gruppi di amici si radunavano per vederlo tutti insieme. Le discoteche aprivano più tardi, e persino nelle caserme si rinunciava alla libera uscita pur di non perdere la serata Drive In in televisione».

Barbara Palombelli ha ricordato il clima di quegli anni: «Per noi ragazzi, che eravamo molto radicali, Drive In era la liberazione dai condizionamenti. Su di noi c’era una cappa di piombo, in tutti i sensi, per cui anche le ragazze del Drive in con i loro costumi succinti erano un segno di libertà. Era la traduzione in allegria delle grandi battaglie libertarie. E all’improvviso arrivano questi programmi, come Ufo, un mondo mai visto: la lentezza delle teche Rai che oggi ci piace tanto era una rottura di coglioni! E arriva uno come Ricci, che a me ha sempre ricordato lo spirito delle piazze degli anni ’80, dell’Estate romana».

«Quando andai a proporre Drive In a Silvio Berlusconi», aggiunge Antonio Ricci, «lui mi rispose che non gli interessava. Allora gli dissi che sarei andato alla Rai a fare Fantastico 4. E che avrei fatto anche Drive In, ma per altri. Lui rimase colpito e mi disse: “Diamoci del tu”. Aggiungendo poi: “Perché ci credi così tanto?”. Glielo spiegai. Poi c’era Carlo Freccero che spingeva perché si realizzasse. E così siamo partiti anche se Berlusconi non ci credeva poi tanto. Eravamo in onda su Italia 1. Poi, Berlusconi vide che funzionava e provò a farne una copia. Prese lo stesso regista di Drive In, le stesse soubrette, Carmen Russo e Cristina Moffa, e con Massimo Ciavarro, Ornella Muti, Alain Delon, Paolo Villaggio fece la trasmissione Grand Hotel. Ma non ebbe successo. Perchè lì non c’era quel senso di libertà e spensieratezza che avevamo noi. Con Drive In ho cercato di fare la trasmissione che mi sarebbe piaciuto vedere in tv: c’era una libertà di linguaggio che era in realtà libertà di pensiero».

Enrico Mentana ha ricordato il periodo storico in cui nacque Drive In: «Il 1983. L’anno in cui Bettino Craxi diventa presidente del Consiglio, cinque anni dopo il sequestro Moro, cinque anni dopo Grease. C’era tutto un mondo che si scongelava. Dal ’68 e per tutti gli anni successivi c’era stata una forte sollecitazione alla rivolta, ma anche allo scontro. Poi è arrivato  il “riflusso”, in cui è entrata in gioco la voglia di mettersi alle spalle alcune cose, quel lungo movimento. Lasciateci divertire! Tutto questo cospirava con la liberalizzazione delle frequenze televisive. E  alla fine tutto confluisce nello straordinario impasto di Drive In: autori che credono nella satira, nella battuta corrosiva, e con loro saltimbanchi che a ogni evidenza sono quasi digiuni delle battute che devono dire. La lotta per la libertà degli anni ’70 con Drive In finisce in televisione e gli spazi di libertà sono chiaramente visibili. E quelli che hanno messo in relazione Drive In a quello che è avvenuto nel decennio successivo, l’egemonia politica berlusconiana sono dei fessi».

Anche Victoria Cabello, classe 1975, rievoca il suo rapporto con la trasmissione cult di Antonio Ricci. Inizia scherzando: «Intanto, ogni volta che mi chiama Ricci mi sento al centro di una barzelletta… eravamo io, Ricci, Mentana e Palombelli alla Sapienza… Drive In era un momento speciale di aggregazione tra me e mio padre che condividevamo la passione per il programma – mia madre invece parlava solo inglese, quindi non capiva–. C’erano figure come il Tenerone che piaceva a una bambina di nove anni come me. Gianfranco D’Angelo faceva satira, ma vestito da pupazzo: creava tormentoni, raccontava l’Italia di quegli anni e piaceva pure ai bambini. Ma poi, solo da grande, ho capito che diceva anche cose feroci».

Ultime News

tutte le news

Potrebbero interessarti anche...

vedi tutti