Che le condizioni di vita dei braccianti che vivono accampati tra Campobello di Mazara e Castelvetrano, in provincia di Trapani, fossero critiche (per usare un eufemismo) era evidente a tutti.
Già a gennaio Striscia la notizia si era occupata di denunciare la situazione, mostrando come i lavoratori stagionali vivessero in quelle che vengono definite città fantasma, occupando abusivamente le proprietà di ex aziende. Ora, però, uno di questi terreni, l’ex Calcestruzzi Selinunte, è finito al centro della cronaca per un incendio divampato nella notte tra mercoledì 29 e giovedì 30 settembre in cui è morto un bracciante della Guinea.
All’interno dell’accampamento, al momento del rogo, si trovavano circa 300 persone e un 41enne è stato travolto dalle fiamme: il suo corpo, carbonizzato, è stato trovato dai compagni. I vigili del fuoco hanno lavorato per tutta la notte, l’ex Calcestruzzi è andata distrutta.
Alle dieci del mattino scoppia la protesta dei migranti: “I camion dei vigili del fuoco non li facciamo passare più – urla un gruppo di migranti del Senegal mentre blocca la strada ieri, sono arrivati due ore dopo le nostre telefonate. Intanto, tutto bruciava. E il nostro amico Omar non ha avuto scampo”.
Da una prima ricostruzione riportata da Repubblica, sembra che il rogo sia partito da un generatore di energia, nel giro di pochi minuti le fiamme si sono propagate, bruciando le tende e i materassi che erano state sistemate dai braccianti.
L’ex azienda è di proprietà di Onofrio Cascio, che già ai microfoni di Rajae aveva denunciato il paradosso in cui si trovava. Con diverse denunce per violazione di proprietà privata presentate senza che sortissero effetti.