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Strage di Capaci: 32 anni fa la mafia uccise il giudice Falcone, la moglie e tre agenti di scorta

Strage di Capaci: 32 anni fa la mafia uccise il giudice Falcone, la moglie e tre agenti di scorta

Strage di Capaci: 32 anni fa la mafia uccise il giudice Falcone, la moglie e tre agenti di scorta

Il 23 maggio è l’anniversario dell’attentato al magistrato antimafia e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato un discorso per ricordare quel giorno. Di mafia si è occupata più volte anche Striscia la notizia e nel 2007 Stefania Petyx aveva provato a incontrare la moglie di Totò Riina.

L’ultimo viaggio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani avvenne sabato 23 maggio 1992. Sono passati 32 anni dalla strage di Capaci. Dopo l’atterraggio del magistrato all’aeroporto di Punta Raisi, l’itinerario di Falcone prevedeva lo spostamento in auto verso Palermo, destinazione la casa di via Notarbartolo. Una bomba, piazzata appunto sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo all’altezza di Capaci, esplose alle 17.56 uccidendo il giudice 53enne, che cinque giorni prima aveva festeggiato il suo compleanno, e tutti gli altri.

Le auto erano tre: una Fiat Croma marrone viaggiava dietro la Croma bianca guidata dal giudice, in ultimo c’era un’altra Fiat azzurra dello stesso tipo ma blindata: il mezzo predisposto per evitare che altre auto si potessero affiancare a quella del magistrato. Utilizzando 500 chili di tritolo, nitrato d’ammonio e T4 e pianificando tutto nei minimi dettagli per realizzare il piano che la mafia coltivava da anni, Cosa Nostra fece saltare in aria le tre auto e un intero tratto di A29.

A decidere la mossa terroristica fu Totò Riina, capo del clan dei Corleonesi. Giovanni Brusca, organizzatore ed esecutore dell’attentato, rivelò che il giudice Falcone era già un obiettivo dal 1983, anno in cui venne costituito il celebre Pool antimafia a Palermo. Quando Tommaso Buscetta iniziò a collaborare con la giustizia l’idea di eliminare il giudice scomodo diventò centrale nelle prospettive dei mafiosi: un primo attentato era comunque già stato organizzato nel 1989 nell’area della villa sul mare che Falcone aveva affittato per l’estate. I mafiosi piazzarono un borsone con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, vicino a villa affittata dal giudice, che stava per ospitare i colleghi svizzeri Carla Del Ponte e Claudio Lehmann. Ma l’attentato fallì.

L’auto guidata da Vito Schifani, che aveva a fianco Antonio Montinaro e sul retro Rocco Dicillo, venne investita in pieno: volò oltre la carreggiata opposta e si fermò in un giardino. La vettura guidata dallo stesso Giovanni Falcone, finì contro il muro di detriti che si sollevò in aria: accanto c’era la moglie Francesca Morvillo, mentre sul sedile posteriore c’era l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Sull’ultima vettura piombarono pezzi di cemento e terra ma gli agenti riuscirono a sopravvivere.

L’Italia si fermò osservando l’immenso cratere: quella enorme ferita fisica e simbolica che illuminò una volta di più e in modo estremamente feroce il vero volto di Cosa Nostra e fece scattare in molti italiani la molla della reazione all’omertà mafiosa.

«L’attentato di Capaci fu un attacco che la mafia volle scientemente portare alla democrazia italiana. Una strategia criminale, che dopo poche settimane replicò il medesimo, disumano, orrore in via D’Amelio. Ferma fu la reazione delle Istituzioni e del popolo italiano. Ne scaturì una mobilitazione delle coscienze. La lezione di vita di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino divennero parte della migliore etica della Repubblica». Queste alcune delle parole pronunciate oggi dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 32° anniversario della strage di Capaci. «I tentativi di inquinamento della società civile, le intimidazioni nei confronti degli operatori economici, sono sempre in agguato . La Giornata della legalità che si celebra vuole essere il segno di una responsabilità comune. È necessario tenere alta la vigilanza».

Strage di Capaci. Nel 2007 Stefania Petyx ha provato a incontrare Ninetta Bagarella, moglie di Totò Riina

Una vigilanza che negli anni anche Striscia la notizia ha tenuto alta su questo tema così importante. In questo servizio del 4 dicembre 2007, per esempio, Stefania Petyx si era recata a Corleone per cercare di incontrare Ninetta Bagarella, moglie di Totò Riina. Quell’anno era andata infatti in onda la fiction Il capo dei capi, che ripercorreva la storia del boss Riina. Una mini serie che aveva destato non poche polemiche e Bagarella aveva annunciato di voler adire alle vie legale perché riteneva che la serie avesse leso la sua reputazione.

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