In corso a Torino un’operazione della Guardia di Finanza contro imprese e società false e inattive che assumevano stranieri che dovevano ottenere o rinnovare dei permessi di soggiorno. Arrestate questa mattina sette persone con l’accusa di associazione a delinquere per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa aggravata allo Stato, falsità ideologica e sostituzione di persona.
Striscia la Notizia si era occupata della questione dei permessi di soggiorno ottenuti attraverso metodi illegali. Era stato Max Laudadio nel 2020 a smascherare un meccanismo poco trasparente.
Inchiesta ‘Terra Promessa‘, 150 mila euro sequestrati
Tornando all’inchiesta, l’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale subalpino: sette arresti di cui tre in carcere e quattro arresti domiciliari. Le fiamme gialle, coordinate dalla Procura-Direzione Distrettuale Antimafia, hanno sequestrato 150 mila euro e messo i sigilli a due Centri di Assistenza Fiscale.
L’inchiesta era già iniziata all’inizio del 2020, ed era stata chiamata ‘Terra Promessa’ e ha sgominato un’organizzazione che operava da almeno 10 anni, avente base a Torino ma con agganci anche in altre provincie del Piemonte.
Come funzionava il sistema per ottenere i permessi di soggiorno?
Dalle indagini, è emerso come i componenti della banda, operante in questo business, utilizzassero due Caf di Torino, con uffici realmente operanti. I cittadini stranieri per regolarizzare la loro posizione sul territorio italiano pagavano circa mille euro a pratica.
Gli investigatori durante l’inchiesta hanno individuato 65 false posizioni lavorative (per lo più braccianti o collaboratori familiari). Sono oltre 600 certificazioni uniche non veritiere, per un ammontare di oltre 6,5 milioni di euro. Le assunzioni fittizie avrebbero, però, generato negli anni alcuni debiti con l’Inps di quasi 350 mila euro. La causa? Il mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Le fiamme gialle hanno cercato di ricostruire la circolazione finanziaria verso l’estero, tra il 2015 e il 2020, per oltre mezzo milione di euro. Gli indagati pare siano riusciti a spostare il denaro nonostante i debiti accumulati.