Moreno Morello, nella sua inchiesta sulle mascherine, si è concentrato questa volta sui soldi pubblici spesi dal super Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri per contrastare l’emergenza sanitaria.
“Conducendo la nostra inchiesta non ci tornavano i conti che erano inseriti sulla pagina collegata al sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri che illustra gli acquisti del Commissario straordinario in materia di contrasto al Covid_19”, spiega l’inviato, che insieme al ragioniere Otto Conti (già noto al pubblico di Striscia per aver svelato in passato i magheggi delle banche nel calcolo dei leasing) ha passato al setaccio la sudeetta pagina.
Qualcosa, infatti, non torna nel prezzo unitario delle mascherine. “Il governo dopo avere finanziato con 50 milioni di euro del decreto cura italia alcune imprese per riconvertire la produzione e fornire le mascherine, a inizio estate attuò una virata e affidò invece tutta la produzione a tre aziende: una indicata come Amuchina, (una srl ma non quella del gel), che produrrebbe 260 milioni di chirurgiche a 7 centesimi l’una. Un’altra è Luxottica che fornirebbe 251 milioni di dispositivi a un prezzo medio di poco superiore a 9 centesimi. E poi abbiamo FCA che risulterebbe produrre quasi 2 miliardi di mascherine a quasi 12 centesimi a pezzo”, prosegue Morello.
Di solito però chi si aggiudica la fornitura maggiore applica anche il prezzo minore.
E infatti, “Ci fanno sapere che effettivamente i contratti sono stati pensati per avere un aggiustamento del prezzo in base ai costi effettivi e quelle mascherine hanno avuto un aggiustamento retroattivo a 8 centesimi a pezzo e l’importo dovuto passa da 237 milioni a 170 milioni di euro”.
Ma anche sulla fornitura delle macchine c’è qualcosa che non torna. “Il Commissario Arcuri ha acquistato delle costosissime macchine per il confezionamento delle mascherine da Ima e da Fameccanica, ma a fronte di 41 milioni di euro di macchinari da Fameccanica sono stati previsti 37 milioni di euro di pezzi di ricambio”, fa notare Morello.
Il ragioniere Otto quindi si è messo al telefono e il sito viene corretto. I pezzi di ricambio passano da 37 milioni a circa 1 milione e 300mila euro. L’ufficio del Commissario ci fa sapere, però, che il costo dei materiali era a carico delle aziende.
Peccato che sul sito risultino 41 milioni di euro di materiale acquistato da un’azienda olandese. “Il materiale in questione è il Meltblown – spiega l’inviato di Striscia – quello che costituisce lo strato intermedio delle mascherine, quello filtrante. Scriviamo al Commissario per chiedere a chi siano andati questi 41 milioni di euro e ci fanno sapere che sono andati tutti a FCA, che quindi, a differenza di altre aziende, oltre ad aver avuto la fornitura dei macchinari ha ricevuto anche 41 milioni di euro di materiale”.
Ma non finisce qui perché sul sito sono riportate una serie di altre spese per modifiche che quelle macchine dovranno subite di decine – se non centinaia – di migliaia di euro. “Queste modifiche sono destinate in parte agli impianti, in parte alle mascherine stesse. Ma allora viene da chiedersi, perché non sono state progettate fin da subito delle mascherine chirurgiche comuni come tutte le altre? Se sommiamo i costi delle macchine, dei materiali, della logistica, dei pezzi di ricambio, il costo unitario di quelle mascherine si allontana da quegli 8 centesimi indicati inizialmente”, conclude Morello.
Il risultato è una lunga serie di anomalie, incongruenze e soldi spesi ma mal contabilizzati. Striscia tornerà sull’argomento.