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“U-Mask prodotta in ambienti non sterili”: parla un ex collaboratore dell’azienda U-Earth

“U-Mask prodotta in ambienti non sterili”: parla un ex collaboratore dell’azienda U-Earth

“U-Mask prodotta in ambienti non sterili”: parla un ex collaboratore dell’azienda U-Earth

Stasera a Striscia la notizia nuove rivelazioni sul caso “U-Mask” (Canale 5, ore 20.35) con un’intervista a Giancarlo Canale Bruni, ex collaboratore di U-Earth, la startup che ha sviluppato la famosissima mascherina venduta in 121 Paesi. «Ho iniziato ad avere dubbi sul prodotto – racconta a Moreno Morello – quando, scoppiata la pandemia, mi sono accorto che le prime produzioni di U-Mask non avvenivano in ambienti sterili e quindi idonei al confezionamento di dispositivi medici».

Le dichiarazioni dell’ex collaboratore e le immagini che trasmetterà il tg satirico di Antonio Ricci sembrerebbero documentare come la produzione di “U-Mask” sarebbe avvenuta in origine in un ambiente quanto meno “artigianale”. La registrazione di “U-Mask” sul sito del Ministero della Salute è stata fatta mesi prima che la startup realizzasse alcuni test necessari, tra cui la pulizia microbica, circostanza che confermerebbe indirettamente le parole dell’ex collaboratore Canale Bruni.
A oggi, inoltre, il sito ufficiale di U-Mask risulta curiosamente fuori uso, eccetto la sezione di e-commerce.

Striscia la notizia ha iniziato a indagare a dicembre 2020 sulla vicenda della “U-Mask”, descritta dall’azienda che la produce come un dispositivo di protezione individuale (FFP2 o FFP3), ma che avrebbe in realtà una capacità di filtrazione sotto alla soglia prevista per legge e inferiore a quella di una comune chirurgica da 50 centesimi. Il Laboratorio Clodia di Bolzano, l’unico ad aver valutato la capacità di filtrazione della mascherina, è attualmente sotto sequestro dei Nas. La Procura di Milano ha aperto un’indagine e confiscato alcune mascherine, incaricando un esperto di analizzarle.

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