Costretta a vivere sotto lo stesso tetto con il suo ex, denunciato per stalking. È l’incredibile storia di Simona, donna residente a Rignano Flaminio, in provincia di Roma, che si è rivolta a Striscia per raccontare un paradosso della giustizia italiana.
Alla nostra inviata Rajae, Simona racconta: “È datata 2014 la prima denuncia per lesioni, ma ho dovuto attendere nove mesi affinché partisse l’azione penale. A marzo 2015 viene emesso il primo provvedimento di allontanamento dall’immobile e il divieto di avvicinarsi alla mia persona e a tutte le persone a me legate”.
Il problema però è che Simona e il suo ex hanno comprato insieme questa casa e anche se lui ha smesso di pagare le rate del mutuo già dal 2013, per il Tribunale civile di Tivoli, quella resta comunque la sua abitazione e dunque lui ha tutto il diritto di rientrare e – potenzialmente – coabitare con la donna che l’ha denunciato e col compagno.
“Lui me l’ha detto, non mi avrebbe lasciata andare. O con lui o al cimitero”, spiega Simona, che alla nostra inviata fa ascoltare anche un terribile audio in cui il suo ex la minacciava.
“Questa casa è il suo strumento di persecuzione”, conclude sfiancata. Ma è tutto regolare quello che sta succedendo? Raiae lo ha chiesto all’avvocato Gian Ettore Gassani, dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti.
“Da un punto di vista tecnico è tutto regolare. Abbiamo avuto dei procedimenti penali, ma sono finiti. Poi è subentrato il procedimento civile. Tutto rispettato a norma di legge. Una legge che però non ha alcuna logica, perché dovremmo stabilire che il diritto di proprietà dovrebbe essere sacrificato in nome della sicurezza della vittima, in situazioni di questo tipo”.