Una nuova sentenza della Corte di Giustizia della UE conferma che le spiagge devono essere assegnate con gare periodiche e «con una procedura di selezione imparziale e trasparente». Tutto nasce da una vertenza tra l’Antitrust e il comune di Ginosa, in Puglia.
Una nuova sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea stabilisce che «le concessioni balneari italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di «una procedura di selezione imparziale e trasparente». La Corte si è pronunciata su una vertenza che coinvolge l’Autorità Italiana Garante della Concorrenza e del Mercato e il Comune di Ginosa in provincia di Taranto, quest’ultimo impegnato in una battaglia legale per difendere il rinnovo automatico delle concessioni. Nel 2021 Striscia la notizia si era già occupata della vicenda delle concessioni per l’utilizzo delle spiagge in Italia: l’inviato Max Laudadio aveva cercato di saperne di più intervistando l’avvocato Gustavo Ghidini, presidente del Movimento Consumatori.
Le concessioni balneari in Italia
La Corte ha precisato che i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme europee, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi al diritto comunitario. Si è ribadito il carattere vincolante e l’effetto diretto della cosiddetta direttiva Bolkestein. Nel dettaglio, la vertenza sotto esame risale al dicembre 2020, quando il comune di Ginosa, applicando la normativa nazionale, decise di prorogare automaticamente le concessioni andando incontro alla contestazione da parte dell’Agcm.
Della proroga delle concessioni in Italia si discute da molti anni: le concessioni vengono infatti prorogate quasi automaticamente da decenni agli stessi proprietari, peraltro con affitti molto bassi. Le spiagge però sono beni di proprietà statale, e come tali dovrebbero essere assegnate attraverso gare pubbliche periodiche, con regole equilibrate e pubblicità internazionale.
Nella sentenza odierna la Corte ricorda che le disposizioni Ue si applicano «a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo» e che, nel valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili per la messa a bando, i Paesi membri sono chiamati a basarsi «su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati».