Il TAR del Lazio dice sì alla sanzione da 450 mila euro dell’Antitrust per pubblicità ingannevole delle mascherine “biotecnologiche”, che spopolarono tra i Vip: i consumatori furono condizionati in un momento di grande allarme. L’inviato di Striscia: «Ma non sappiamo ancora ufficialmente quali erano le effettive caratteristiche».
Non lasciano troppo spazio alle interpretazioni le motivazioni con cui il TAR del Lazio ha respinto i ricorsi di U-Earth Biotech Ltd e Pure Air Zone Italy srl, che nell’ottobre 2021 sono state multate per 450 mila euro «per la pratica commerciale scorretta consistente nella promozione e vendita con modalità asseritamente ingannevoli e aggressive di mascherine protettive U-Mask». Stiamo parlando delle “celebri” mascherine che in pandemia iniziarono a spopolare tra politici, Vip dello spettacolo, calciatori e piloti di Formula 1. Sul web ne venivano esaltati il «filtro attivo a 4 strati», l’efficacia contro gli agenti patogeni «fino a 200 ore di respirazione effettiva» e il livello di protezione prossimo al 99%. Questi messaggi pubblicitari, che contribuirono al boom di vendite da 15 milioni di euro, finirono due anni fa nel mirino dell’Antitrust, stimolata dalle segnalazioni di Striscia la notizia. L’inviato Moreno Morello in un servizio del 22 ottobre 2021 era tornato a occuparsi di U-Mask, dopo che l’Antitrust aveva inflitto una sanzione da 450 mila euro alle società coinvolte per pubblicità ingannevole. «Gli approfondimenti svolti dall’Autorità avevano portato alla luce aspetti clamorosi della vicenda, quindi la decisione del TAR non mi stupisce», ci racconta Moreno Morello. «Ma siamo nell’ambito della comunicazione e della pratica commerciale aggressiva. I consumatori, invece, non hanno mai avuto informazioni sugli esiti dell’indagine della Procura di Milano che doveva testare U-Mask e definirne le effettive caratteristiche. È passato tanto tempo, rimaniamo in attesa di riscontri», conclude l’inviato.
U-Mask, il ricorso bocciato dal TAR
U-Earth Biotech e Pure Air Zone si sono rivolte al TAR per ottenere l’annullamento delle sanzioni, sostenendo in un lungo ricorso di non aver ingannato i clienti e di essersi subito adoperate «per porre in essere tutti gli accorgimenti necessari per eliminare i rilievi mossi». Una tesi bocciata su tutta la linea. I giudici hanno inquadrato lo scenario dell’epoca: «Il momento iniziale di tali condotte è collocabile in un contesto in cui la capacità di valutazione dei consumatori risultava già alterata dalla situazione di particolare allarme sanitario, dovuta alla rapida e ampia diffusione del contagio nei mesi precedenti».