All'Università Cattolica si studia la trasmissione satirica di Italia 1 quando direttore era Freccero: «Innovativa perché velocissima». Per il creatore Antonio Ricci: «Oggi non sarebbe più fattibile»
Da La Stampa del 2 dicembre 2023, un estratto dell’articolo di Adriana Marmiroli.
Per difendere la propria libertà ha persino rischiato di farsi ammazzare da Berlusconi, Antonio Ricci. «Voleva vedere cosa avevo in testa, usando un fermaporte – racconta -. Ma io fui più veloce afferrai un tagliacarte e minacciai di aprirlo dalla gola all’ombelico. Finì con una risata, consci entrambi della comicità della situazione».
Si trattava di un momento di tensione legato a una contestatissima satira avvenuta per Matrioska, una delle creature che il padre di Striscia la notizia ha confezionato nel corso del tempo. La libertà, allora come oggi, è il segno distintivo del suo lavoro. Oltre a una ossessiva attenzione ai particolari e alla pignola confezione dei suoi programmi. Aula Magna Gemelli dell’Università Cattolica di Milano: per il panel “40 anni di Drive In. La trasmissione che ha fatto la storia della tv” sul palco ci sono Ricci, Carlo Freccero; Alessandro Cattelan, Barbara Palombelli, Victoria Cabello in rappresentanza delle generazioni cresciute a pane e Drive In oltre ai docenti Massimo Scaglioni, e Anna Sfardini.
Drive In, per chi non lo ricordasse, era lo show in onda su Italia 1 che, farcito di comici e belle ragazze grandi forme, cambiò il panorama della tv a metà Anni 80: colorato, sfacciato, irriverente, divertente. Piaceva ai giovani in un’epoca in cui la tv non la guardavano più, troppo noiosa e conformista. Sotto al palco, in prima fila, una reunion di vecchie glorie: Enrico Beruschi, Nino Formicola, Carmen Russo, Francesco Salvi, Sergio Vastano, Antonia Dell’Atte. Che fanno un tifo da stadio. Sogghigna Ricci. «Capite come mi toccava lavorare? E questi sono solo una minima parte di quelli che avevo in studio allora».
Carlo Freccero alle origini di Drive In «C’ero: direttore di Italia 1. Colsi subito le potenzialità di questo programma che andava oltre la tradizione tv corrente: era innovativo perché veloce».
«No, aveva ritmo che è cosa diversa e ben più faticosa, frutto di scrittura non di tagli», ribatte Ricci che ricorda il momento, la libertà che era anche per assenza di precedenti e – almeno inizialmente – di un vero interesse da parte della proprietà. «Berlusconi voleva Benny Hill. Sognava una tv che chiamasse a raccolta le star rubate alla Rai. Non intendeva certo investire su un programma nascente». Nel giro di un anno però tutto sarebbe cambiato. «Non si poteva più tornare indietro. Ha permesso che si mollassero le briglie della censura anche in Rai. Gassman mi disse che per causa nostra era cambiata la curva dell’attenzione anche a teatro e aveva dovuto adeguarsi».