Rassegna Stampa

Antonio Ricci al Corriere della sera: “Baudo? Il vero capo della Dc. Lauro, prodotto di marketing”
Corriere della Sera

Antonio Ricci al Corriere della sera: “Baudo? Il vero capo della Dc. Lauro, prodotto di marketing”

Antonio Ricci al Corriere della sera: “Baudo? Il vero capo della Dc. Lauro, prodotto di marketing”

Antonio Ricci intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della sera.

Antonio Ricci, com’era l’Italia degli Anni 5o in cui è cresciuto?

«Giravamo liberi per le strade, si tenevano le porte di casa aperte. Ho avuto un’infanzia serena: senza fronzoli, ma senza la necessità di fronzoli. II nonno aveva fatto la prima guerra mondiale, il papà la seconda. Entrambi sopravvissuti alla prigionia». 

Dove fu preso prigioniero suo padre? 

«A Tobruk. Lo portarono prima in Sud Africa, poi in America. Faceva l’interprete, lo pagavano pure. Rientrò in Italia con un gruzzoletto di dollari: glieli sequestrarono. Molti ex prigionieri furono derubati dallo Stato. Fregati due volte: all’andata e al ritorno».

Quando ha conosciuto Grillo? 

«Eravamo riserve nell’Albenga. Trofeo Beretti: io terzino, lui mezzala. Grazie a lui sono entrato in Rai». 

Lei ha avuto alcuni bersagli storici. II primo fu Baudo. 

«Pippo era un uomo potentissimo. II vero e malvagio segretario della Dc». 

Baudo malvagio? 

«È notorio che Baudo sputasse in faccia ai collaboratori che secondo lui sbagliavano. Vigeva la diarchia: sul primo canale, Pippo, democristiano; sul secondo Renzo Arbore, socialista. Due pilastri, nati a un anno di distanza. Ma Baudo già a 4o anni era considerato un vecchio arnese, Arbore a 84 anni è ritenuto un giovanotto. Se Arbore canta il clarinetto filù filù si parla di post goliardia, di citazione birichina. Se Baudo accenna “Donna Rosa” si parla di maialata da citazione in tribunale. Arbore ha meno capelli di Pippo; tutti però hanno tormentato Baudo parlando di trapianti e parrucchini; di Arbore al più si dice che ha la fronte spaziosa dell’uomo intelligente. Pippo tutto questo l’ha sempre sofferto: per anni ha pensato che Arbore non esistesse, ma fosse una sottomarca di avatar, inventato da una camarilla di radical chic al solo scopo di danneggiarlo…». 

Emilio Fede. 

«L’archetipo del giornalista. Agiva come tutti i direttori di tg, ma lui, essendo maldestro, lo faceva capire meglio». 

Achille Lauro. 

«Non lo trovo sincero. Penso sia un ottimo prodotto di marketing, un perfetto indossatore per Gucci. Per fare il trapper raccontava nelle interviste di essere cresciuto nella miseria, tra droga e carcere. Appena arrivato al festival di Sanremo, per allargare il suo pubblico, ha spacciato la sua canzone sulla droga Rolls Royce come se fosse la rilettura della Balilla di Giorgio Gaber. Abbiamo avuto cantanti e poeti che hanno apertamente scritto opere sull’argomento droga, sinceramente e senza problemi. Lui, appena annusato l’odore del quattrino, si è genuflesso a Gigi Marzullo. Un vero “maledetto” doc. È riuscito a sostenere che il suo album “Dio c’è” sia una riflessione religiosa, quando invece è l’acronimo di DrogalnOfferta CostiEconomici. Ha ricevuto pure il plauso dell’Avvenire. Quest’anno è venuto fuori che suo padre è un magistrato di Cassazione e che andavano in vacanza a Cortina. Non vorrei offendere, ma, secondo me, è assolutamente etero, fa finta di essere trisessuale solo per essere più trendy». 

Claudio Baglioni. 

«Gigi d’Alessio mi ha detto che Lucio Dalla l’aveva soprannominato la suora. Mi pare eloquente». 

Giovanna Botteri.

«Tutto è nato da una fake news: l’idea che Striscia l’avesse insultata. C’è da dire che tra l’inviata gattara e la mannequin la mia simpatia va alla prima. In realtà era un servizio a difesa della Botteri, una pippa inutile, non certo un servizio satirico. Uno di quei pezzi che definisco “defatiganti” e che con arte norcina da bartender mescolo nel cocktail di Striscia per dare un respiro, e far risaltare il servizio successivo. Eppure a sinistra è partita la solita invidia del martire della Chiesa cattolica». 

Invidia del martire? 

«La sinistra, per arricchire il suo pantheon di “santi subito”, è sempre alla ricerca di venerabili vittime da far adorare; in quel caso, la Botteri. I giornali hanno manipolato i nostri comunicati stampa e si sono scatenati sul nulla. D’altronde gran parte della sedicente intellighenzia di questo Paese si è formata a una scuola che ha sempre privilegiato i commenti rispetto alla lettura delle opere: le opinioni senza tener conto dei fatti». 

Si sta esagerando con il politicamente corretto? 

«Certo. È qualcosa di aberrante, di liberticida, che conduce alla censura più bieca e alla reazione più reazionaria. Alla fine, dopo aver visto il filmato, l’ha riconosciuto pure la Botteri: non c’era nessun insulto. Pompati da Fnsi, Usigrai e GiULiA Giornaliste, centinaia di sinceri democratici si sono lanciati in insulti e minacce di morte verso Michelle Hunziker e sua figlia. “Tremate, tremate, le streghe son tornate!” rivendicavano un tempo le femministe; adesso in prima fila ad appiccare il fuoco alla strega bionda da mandare al rogo c’erano proprio loro. Massacrare di insulti una donna per difenderne un’altra che non aveva ricevuto nessuna offesa. Però la polemica è servita a tutti». 

Cioè? 

«La Rai, come dovuto ai suoi abbonati paganti, ha provveduto finalmente a migliorare le condizioni dello studio di Pechino, le cui luci facevano diventare verdi i capelli dell’inviata. Noi abbiamo avuto più di un milione e mezzo di visualizzazioni sul sito. Io ho capito, forse definitivamente, che il movimento che avevo fondato, l’SSSS (Si può essere di Sinistra Senza essere Stronzi), non solo non ha un presente, ma non può avere neppure un futuro».

Forse è lei Ricci che vuol farsi odiare. 

«Nonostante i miei sforzi sono amatissimo e stimatissimo. Ma è una bella libertà non avere l’obbligo di piacere né di piacermi. Sono senz’altro inviso alle “belle persone”. Meno male. Non ho problemi con l’odio. Sono misantropo, misogino e omofobo. Molto sospettoso su tutti i generi umani, anche quelli futuri; perché l’idiozia è democratica e trasversale». 

È così pessimista sull’uomo? 

«E anche sulle donne, sull’ipocrisia con cui fingono di aiutarsi mentre si accoltellano. A volte ho rigurgiti di uno snobismo vomitevole del quale mi vergogno. Non farei questo lavoro senza un pessimismo cosmico ma, essendo bipolare, cerco di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno; per cui ho anche sbronze di ottimismo. Cerco di far divertire, ma senza dimenticare che le risate in trasmissione sono finte». 

Rendeste umano pure Massimo D’Alema, con il fu-fu. 

«D’Alema è un’altra prova che la sinistra tenta di replicare il format della Chiesa cattolica: non riesce a immaginare un leader che non sia un uomo in croce. Si sceglie un capo e lo si crocifigge. Quello sopravvive, ma non è più lo stesso. Come uno colpito dal fulmine. Guardi Renzi». 

Come trova Renzi? 

«Un altro crocefisso. È diventato insicuro. Ha basato la sua fortuna sulla sfrontatezza e anche una certa simpatia. Ora recita, si impone di essere garbato, ma c’è qualcosa di innaturale che stride, negli occhi e nel sorriso. Ha l’aura fritta. Difficile che recuperi. Ma i politici sono meno pericolosi; per Striscia sono più temibili i violenti». 

A chi si riferisce? 

«Solo quest’anno le nostre troupe hanno subìto 22 aggressioni, senza riguardi per le donne. Stefania Petyx è stata più volte aggredita, qualche tempo fa le avevano fatto esplodere la macchina a Palermo, la settimana scorsa “Erica senza K” è stata presa a schiaffi in Calabria da rivenditori di auto con il contachilometri manomesso, Rajae, essendo musulmana, è sempre nel mirino degli opposti integralisti. Solidarietà? Quasi zero». 

Lei come ha passato la quarantena? 

«Non mi è pesata tanto, io vivo quasi sempre in quarantena. Mi sono solo cresciuti i capelli in maniera abnorme: sembravo Shel Shapiro. Tre giorni fa sono riuscito finalmente ad andare dal parrucchiere. Per il resto, abbiamo continuato a lavorare. Con gli inviati che non potevano andare in strada, senza striscioni negli stadi, senza tapiri, senza pubblico e col personale ridotto. È stato più difficile; quindi ancora più bello». 

Ne usciremo migliori o peggiori? 

«Come prima, più di prima, se posso citare Tony Dallara. La nostra parte romantica, amica delle nuvole, ci spinge a sperare che il mondo sarà migliore, l’aria più pulita, la scienza rivalutata, i viventi più buoni e possiamo addirittura sognare che Vittorio Colao riesca a pagare l’ombrellone con la carta di credito. A pochi giorni dalla fine del lockdown vediamo già mucchi di guanti buttati sui marciapiedi, mascherine in mare, i virologi sbeffeggiati, ingorghi perché tutti prendono l’auto. Almeno per ora, mi pare prevalga l’imbecillità di gregge». 

Come immagina l’aldilà? 

«Spero di reincarnarmi. In una piattola, per continuare a stare sui coglioni». 

Voglio una risposta seria. Lei crede in Dio? 

«No. Tra l’altro ho la fortuna di non credere neppure in me stesso e non trovo attraente la prospettiva di un paradiso dove annoiarmi in eterno. Se c’è un Dio misericordioso, come il suo ufficio stampa ama presentarlo, quando mi vedrà mi accoglierà come un figlio. In fondo Striscia non ha fatto al prossimo che del bene. Anche se la trasmissione che ha fatto del bene a me è Velone». 

Perché? 

«Secondo un’usanza ligure ero abituato a parametrare la mia vita con le estati buone, e pensavo che me ne rimanessero poche. Poi ho incontrato le Velone: novantenni scatenate, piene di voglia di vivere, che facevano volontariato per le anziane vere, le centenarie… Il resto l’ha fatto Renzo Piano, che noi della mafia ligure chiamiamo il Geometra. Quando ho compiuto cinquant’anni, gli ho chiesto: “Geometra, se andassi in pensione?”. Mi ha risposto: “Tu sei matto, noi dobbiamo morire nel cantiere”. Adesso ho capito che aveva ragione. In questi vent’anni sono riuscito a fare tante cose belle e vista l’età, con tutte le cause giudiziarie che ho ancora aperte, tra un po’ non potranno neppure mettermi al gabbio alla faccia di Palamara. Da enfant prodige a vecchio malvissuto senza passare per la maturità. E non mi si sono ancora chiuse le fontanelle».

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