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Antonio Ricci: «Ho affrontato 400 cause ma siamo ancora qui»
Il Secolo XIX

Antonio Ricci: «Ho affrontato 400 cause ma siamo ancora qui»

Antonio Ricci: «Ho affrontato 400 cause ma siamo ancora qui»

Dal 25 settembre la nuova edizione di Striscia la notizia, che si appresta a festeggiare 35 anni. L'ideatore: «La libertà è un'aspirazione a cui tutti dovremmo tendere, si rinuncia per pigrizia. Faccio cose che altri non farebbero mai non perché sia potente, sono incosciente»

Da Il Secolo XIX del 24 settembre 2023, di Tiziana Leone.

Sarà un altro anno di Striscia la notizia molto ricco? «Sì, per fortuna non abbiamo più il governo Gentiloni quando gli autori davano delle testate nel muro per tirar fuori qualcosa di interessante. Questo Governo pullula…». Antonio Ricci non è tipo da cominciare un’intervista senza presentare subito il suo biglietto da visita, che sia graffiante, irriverente, indipendente lo sanno tutti, quel che resta meno evidente è il suo lato sensibile, molto ligure, che alla fine lo porta a confessare: «Nel nostro gruppo si sono creati dei rapporti molto belli, penso che siano davvero queste le cose che danno il senso della vita». Nel mezzo oltre al racconto della prossima edizione di Striscia la notizia, al via domani su Canale 5 alle 20.35, c’è tanta vita di un uomo che tutti definiscono potente. «Forse perché faccio cose che altri non fanno, non perché io sia potente, ma perché sono incosciente».

II 7 novembre Striscia festeggerà 35 anni, che ricordo ha di quando nacque?

«Una sera dopo la strage di piazza Fontana, al telegiornale c’era Bruno Vespa che indicava in Pietro Valpreda l’autore. Poi in bagno, mentre stavo facendo la doccia, ho immaginato di creare uno spazio televisivo che potesse dare un altro punto di vista rispetto a quello del Tg1, in maniera ironica e paradossale. Qualche anno dopo, l’ho fatto. Oggi mi piacerebbe sapere che cosa stava facendo in bagno quello che si è inventato il Grande Fratello».

Cosa fa di Striscia un programma di successo da così tanti anni?

«Il fatto che noi, una tv commerciale, facciamo il servizio pubblico, mentre dall’altra parte fanno il gioco d’azzardo. Per raccogliere un brandello di verità andiamo per strada anche a farci picchiare, soffrire e patire, mentre di là c’è la provvidenza, aprono un pacco e si risolvono la vita. Una visione del mondo che andrebbe combattuta, invece tra gli opinion leaders nessuno si indigna».

Il fatto che nessuno si indigni non le fa rabbia?

«No, anzi, mi fa pensare che dobbiamo andare avanti. Anche se quella all’ipocrisia è una battaglia persa vale la pena continuare a combatterla. C’è chi, come Claudio Baglioni, mi vorrebbe vedere sul rogo. Ha fatto sequestrare il libro Tutti poeti con Claudio in cui sono scritte solo cose vere».

Non credo che Baglioni sia l’unico a volerla vedere al rogo.

«La libertà è un’aspirazione a cui tutti dovremmo tendere, purtroppo per pigrizia troppi preferiscono lasciar perdere, ma c’è sempre un prezzo da pagare. In questi anni ho affrontato circa 400 cause e siamo ancora qua, ma sa che fatica alzarsi alle cinque di mattina per andare a Bergamo, prendere un aereo per Pescara e poi apprendere che il processo non c’è perché non ti è arrivata la comunicazione? Per fortuna ho rimediato cercando sempre un ristorante vicino. Potrei fare una guida Michelin dei tribunali d’ Italia, li ho girati tutti. Quello di Savona è una costruzione fantascientifica, è una sorta di tempio massonico, sovente allagato, gli uscieri al pianterreno hanno le pinne».

Nell’edizione di quest’anno ci saranno le imitazioni di Elly Schlein e Giorgia Meloni. Chi pensa che la prenderà meno bene?

«A tutti dà fastidio essere presi in giro, ma molti hanno delle reazioni dettate dalla convenienza del momento. Con Beppe Grillo avevamo fatto tante battute sui socialisti, ma poi venne fuori una polemica infinita per una barzelletta innocua sui cinesi, si vede che a Craxi era più conveniente piantare un casino in quel momento».

Drive In festeggia i 40 anni, vi siete divertiti più voi a farlo o il pubblico a guardarlo?

«Ci siamo divertiti un mondo a farlo, ma si deve essere divertito anche il pubblico perché tuttora è nel cuore di tutti. Spesso per fare paragoni, anche sbagliati, si tira fuori Drive in e non trasmissioni come Premiatissima o Grand hotel».

Cosa la fa ridere?

«Le cose inaspettate, rispetto ad altri autori comici io mi lascio andare e rido anche alle battute degli altri. Penso che non ci sia niente di più triste al mondo di uno che ride solo alle sue battute».

L’autoironia è una dote.

«Fondamentale. Molti si stupiscono per le cose che dico sugli altri, ma se sapessero cosa dico di me stesso…».

È  il primo carnefice di sé stesso?

«Certo, poi pensando di essere morto già da qualche anno, me ne approfitto».

Si dice che lei sia un uomo potente, si sente potente?

«Faccio cose che altri non farebbero mai, non perché sia potente, ma perché sono incosciente. Cammino su un filo tra due palazzi, ma non sono un acrobata. Sono solo uno che ci prova e finora non sono mai caduto. Credo che l’idea di potenza sia dovuta a un’organizzazione ferrea in cui cerchiamo di non lasciare niente al caso. Sei potente se provi a fare cose complicate, oltre a Striscia ho fatto Paperissima e poi Veline e Velone, una chiara provocazione. Dicevano che sfruttavo la voglia delle ragazze di andare in tv, allora ho preso le nonne per dimostrare che ci andavano anche loro. Il cast di Velone è stato fatto con le prime che sono arrivate, mica le ho scelte, eppure ha battuto la finale di Miss Italia».

La forza di “Striscia” sono anche le segnalazioni dei cittadini?

«Sì, da sempre. Sapevo che a Sanremo c’era un ponte che finiva nel nulla perché avevano sbagliato i conti, ma non potevo immaginare che l’Italia fosse piena di queste incompiute, c’era qualcosa che non andava in tutto quel costruire e infatti poi è arrivata Tangentopoli».

In comune con Italo Calvino, Dario Fo, Umberto Eco, Jacques Prévert e altri intellettuali lei ha una cosa: il diploma di patafisico. Ci può raccontare di cosa si tratta?

«La patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie e studia le leggi che regolano le eccezioni, è stata inventata da Alfred Jerry agli inizi del ‘900, è il trionfo del paradosso e della dissacrazione, per cui sono molto felice di essere entrato in questa”cosca”».

Quanto il suo essere ligure ha contribuito a farla diventare Antonio Ricci?

«Totalmente. Sono ligure nel non spaventarmi, nel non aver preso casa a Milano perché la gente di mare va per mare e poi torna a casa sua, nell’aver sottratto alla speculazione e alla cementificazione l’ultimo parco all’inglese della Liguria, premiato poi come il più bello d’Italia».

Come festeggerete i 35 anni di Striscia?

«In maniera sobria. I trent’anni sono stati festeggiati su La 7 da Massimo Giletti, non su Mediaset. È stato bello perché vuol dire che Striscia è di tutti. Ma si farà una grandissima festa per i cinquant’anni. Io ci sarò ovviamente, reincarnato in una velina».

Così finalmente potrà ballare sul bancone?

«Mi fa ridere la storia delle veline mute. Sono delle ballerine. Carla Fracci parlava mentre ballava? Le veline parlano durante le telepromozioni, mentre in quasi tutti i settimanali e i mensili le donne sono mute e sono trattate come attaccapanni».

Per cosa si darebbe un Tapiro?

«Per l’opera omnia. Anche se il tapiro sembra un’onta, poi diventa prezioso. Una volta ne avevamo dato uno alla moglie del Presidente Ciampi, mi chiese se poteva averne altri per i nipotini, così è partito alla volta del Quirinale uno scatolone pieno di tapiri».

Insomma vi siete divertiti e vi divertirete ancora parecchio.

«Nel nostro gruppo c’è rispetto. Se qualcuno sbaglia deve portare un rinfresco. Per cui tutto finisce in una festa. Si sono creati dei rapporti belli, penso che siano davvero queste le cose che danno il senso della vita».

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