Ecco la lettera inviata dal Gabibbo a Dagospia in relazione all’intervista di Claudio Baglioni realizzata da Walter Veltroni per Sette.
Caro Dago,
scrivo in nome e per conto del Gabibbo, costretto in un letto d’ospedale dopo che, nonostante il parere dei medici e con la glicemia post natalizia già alle stelle, il nostro ha provato a leggere su Sette l’intervista che l’ex re delle figurine, il buonista in servizio permanente Wuolter Veltroni, ha estorto ad Ali BaBaglioni. Un micidiale concentrato di fuffa talmente zuccherina che poteva risultare fatale al pupazzone rosso.
Nello scontro titanico tra il distributore di melassa e l’utilizzatore seriale di belle frasi altrui, accoccolati affettuosamente sulle pagine dell’inserto rizzoliano, non c’è naturalmente nemmeno un accenno alle decine di scrittori, poeti e autori che Baglioni, come figurine, ha collezionato nella sua lunga carriera. Da Pasolini a Garcia Lorca, passando per Evtushenko, Borges, Prevert, Kerouac e Wilde, tutti hanno versato il loro tributo alla “capacità creativa” del cantante romano, come ampiamente documentato dalla serie ZiBaglione mandata in onda da Striscia la notizia in questi mesi.
Le quattromiladuecentotrenta parole dell’intervista di Sette(contate!) riescono quasi a farci rimpiangere i tempi di Anima Mia. Cambiano gli interpreti oggi Veltroni, ieri Fabio Fazio, ma non la zuccherosa sostanza.
Ecco cosa scrisse nel 1998 Antonio Ricci a proposito di Fazio e Baglioni nel libro Striscia la tivù:
“Un vera e propria operazione di revisionismo e di mistificazione è avvenuta con Anima mia: gli anni 70, gli Anni di Piombo, sono stati stravolti e cancellati sotto tonnellate di melassa e buonismo veltroniano. Cardine della rilettura, la mitizzazione del cantante Claudio Baglioni: dopo lifting facciale anche quello dell’anima. Trasformare Baglioni, uno che dai suoi pori ha sempre sudato Baci Perugina, in una specie di sofferto intellettuale di sinistra deve aver dato a Freccero lo stesso abisso di goduria che provo io quando penso che il Gabibbo è diventato il giornalista più credibile d’Italia. Impensabile, quasi sacrilego, vedere Baglioni che canta il Pueblo unido insieme agli Inti Illimani, mentre all’epoca del golpe in Cile sospirava “accoccolati ad ascoltare il mare”. Verso osceno che ha fatto illanguidire giovanissimi non in grado ancora di intendere e volere, ma soprattutto ha fatto “accoccolare” i fasci più ribaldi, come La Russa, Gasparri e Storace, che giustamente si sono ribellati quando con l’operazione Anima mia la Sinistra gli ha scippato l’aedo.
Squittiva Fabio Fazio: “Mitico, mitico, mitico! Incredibile, il grande Claudio ci ha cantato Heidi”. Io mi sarei stupito e anche divertito se a cantare Heidi fosse stato Fabrizio De André. Baglioni e Heidi sono per me assolutamente omologhi: una ha le caprette che fanno ciao, l’altro il passerotto non andare via.
Buon anno, besughi
La glicemia del Gabibbo